Gas, quei giacimenti inutilizzati che gli altri sfruttano e noi no (per abbassare il prezzo delle bollette)

Ci sono oltre 90 miliardi di metri cubi di metano in fondo al mare italiano. Si può arrivare a quota 120-130 miliardi, se si considerano le risorse potenziali di gas non...

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Ci sono oltre 90 miliardi di metri cubi di metano in fondo al mare italiano. Si può arrivare a quota 120-130 miliardi, se si considerano le risorse potenziali di gas non ancora accertate. Ma stanno lì in attesa da anni. Di sicuro sono passati due anni e mezzo da quando è scattata la moratoria su permessi e concessioni in attesa del Pitesai voluta da M5s. Ci sono impianti bloccati nell’Alto Adriatico, in Emilia Romagna, al largo di Ravenna e Comacchio. E ancora: nelle Marche al largo di San Benedetto del Tronto e Alba Adriatica, sospensioni davanti alla Puglia e forti potenzialità lungo le coste della Sicilia. C’è il caso Argo-Cassiopea, località Gela. Qui Eni-Med in jv con Edison puntava a investire fino a 1,8 miliardi per sfruttare il gas nel canale di Sicilia, attraverso 4 pozzi sottomarini collegati a una centrale di trattamento da realizzare nel perimetro della raffineria impiantata proprio a Gela.

 

 

L’ARRIVO AL TRAGUARDO

Ora il “Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee”, la mappa delle attività possibili, dovrebbe essere arrivato al traguardo dell’ok degli enti locali. Ma nel frattempo gli investimenti delle imprese si sono quasi azzerati. Ci vorrebbero comunque anni per rimettere in moto la macchina. 
Almeno un anno per riaprire i rubinetti già disponibili ma temporaneamente chiusi. Ben di più per andare a pescare in una vera miniera d’oro. È come essere seduti su un tesoro che vale almeno 150 miliardi di euro, considerato il prezzo di un metro cubo di gas, ma lasciare che a trarne beneficio siano altri. La Croazia e il Montenegro, per esempio, o l’Albania e la Grecia, che succhiano senza sosta dagli stessi giacimenti in fondo al mare, ma lo fanno dalla loro cannuccia, dall’altro lato dell’Adriatico. 

 


Oggi di quei 120-130 miliardi di metri cubi, l’Italia ne estrae solo 3-4 l’anno. Ma ne consuma oltre 70. Quello che manca lo compra all’estero, dalla Russia, dal Qatar, dall’Algeria, dalla Norvegia e anche dagli Usa. Pensare che trasportare tutto questo gas ha comunque un impatto rilevante sull’ambiente. 
L’Italia potrebbe dunque produrre in casa al costo di 5 centesimi e anche rivenderne una parte e guadagnarci tanto. Invece è costretta ad acquistare al prezzo che decide il mercato. Ieri un metro cubo di gas è arrivato a sfiorare 140 centesimi. Quel che è peggio è che il metano ha trascinato con sé anche i prezzi dell’elettricità, ben oltre quota 300 per megawattora. La speranza per i prossimi mesi è che si allentino le tensioni tra Russia e Ucraina. Tensioni che oggi fanno temere interruzioni dei flussi nei gasdotti, in un periodo in cui l’Europa sta consumando a ritmi da primato le scorte. E magari potrebbe arrivare anche l’ok della Germania al NorthStrean 2, il nuovo gasdotto che collega la Russia alla Germania attraverso il Mar Baltico, aggirando quindi l’Ucraina. Mancano i requisiti e permangono dubbi sulla sicurezza, dicono per ora da Berlino. 
Il premier Draghi ha però capito che non c’è tempo da perdere: va attuato un piano strutturale salva-bollette che metta al riparo l’Italia da una crisi energetica che può rivelarsi più lunga del previsto. Acquisti e stoccaggi comuni in Europa, una trasformazione del meccanismo dei prezzi, insieme a una tassa verde per le società energetiche è una parte della missione. L’Italia deve poter mettere mano ai sui giacimenti di gas. 

 

 

GLI STOP E LA SVOLTA

La moratoria delle trivelle scattata a febbraio 2019 ha di fatto congelato circa 150 autorizzazioni: 73 permessi di ricerca già in vigore e altri 79 per i quali era pendente la richiesta. Più altre 5 richieste di “prospezione”, che significa sempre “esplorazione del sottosuolo”, ma senza l’utilizzo di macchine per la perforazione. Eppure già mesi fa, ad aprile. si era capito che l’aria stava cambiando quando è arrivato il via libera ambientale a 10 progetti per sfruttare i giacimenti nazionali di metano e petrolio nascosti nel sottosuolo emiliano (società Po Valley e Siam) e sotto i fondali dell’Adriatico (Po Valley ed Eni) e del Canale di Sicilia (Eni). In tutto, i diversi progetti prevedono la perforazione di più di 20 nuovi pozzi. Il 2022 è destinato ad essere l’anno della svolta. Perché spingere sull’estrazione del gas di casa è la strada che sono determinati a seguire Draghi e Cingolani, 

 

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Il Mattino