Il costo complessivo della riforma è stato quantificato in 2,1 miliardi di euro e insieme al varo della cosiddetta pensione di cittadinanza dovrebbe garantire nella...
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Naturalmente sarebbe a dir poco ingeneroso attribuire la responsabilità di una percentuale così bassa solo al personale di questi enti. In effetti in Italia, come ribadito dall'ultimo rapporto dell'Anpal, continuiamo a spendere male o meglio in maniera poco equilibrata le risorse destinate alle politiche del lavoro: su 30 miliardi all'anno, ben 22,3 vanno alle politiche passive (sussidi monetari a cassintegrati e disoccupati) e solo 7 a quelle attive (compresi gli incentivi all'occupazione). Ai Centri per l'impiego restano appena 700 milioni da spendere per i servizi da essi erogati, in pratica poco più di 200 euro a disoccupato mentre in Germania se ne investono oltre 6mila e in Olanda 3mila.
Non meraviglia dunque che in tale scenario sia decisamente improbo il compito dei Centri per l'impiego, ospitati spesso in strutture fatiscenti o poco funzionali (la Regione Campania ha destinato di recente un po' di milioni per interventi specifici in tal senso, compresi quelli che puntano al miglioramento della strumentazione tecnologica). Sempre in base alla ricerca Anpal si scopre che in tanti casi gli operatori si limitano alla presa in carico del soggetti che si rivolgono agli sportelli, non potendo peraltro offrire le figure specialistiche che al contrario dovrebbero essere una certezza importante per l'utenza. Attualmente infatti gli operatori amministrativi sono più di un quarto delle richieste di personale aggiuntivo mentre si lamenta soprattutto l'assenza di orientatori, di esperti in consulenza aziendale e di mediatori culturali. Sono in molti a chiedersi se basterà un forte investimento economico, come quello indicato dai 5 Stelle, a rispondere a queste perplessità, tenuto conto del fatto che il contributo che potrebbe arrivare dalle Regioni, specialmente nel Mezzogiorno, non si annuncia corposo. Basterebbe ricordare che di recente in Calabria è stato raggiunto un accordo, attraverso la pubblicazione di un avviso pubblico, per sanare la posizione di una settantina di lavoratori precari dei Centri per l'impiego della Regione. La vertenza, manco a dirlo, era in piedi da anni: quanti altri, si teme, ne dovranno passare per le nuove assunzioni che la riforma evidentemente prevede e che secondo stime mai ufficiali dovrebbe garantire migliaia di nuovi occupati?
Per la verità il percorso non inizia da zero. Nel senso che la legge di Bilancio 2018, varata dal precedente governo, ha previsto un finanziamento stabile di 251 milioni all'anno per potenziare il personale dei Cpi di 1600 unità. Inoltre da Confindustria è giunta un'apertura importante per collaborare alla riforma, impegno tutt'altro che marginale se si considera il ruolo decisivo delle imprese nel rapporto tra domanda e offerta di lavoro. Ma la strada appare in salita e non solo perché resta poco chiaro in che modo il governo recupererà i soldi necessari a sostenere il Reddito di cittadinanza per tutti i potenziali aventi diritto già nel 2019. L'ipotesi che l'anno prossimo si procederà soprattutto (o solo?) alla fase per così dire preliminare del Reddito rimandando l'eventuale erogazione del sussidio alla legge di Bilancio 2020, come in sostanza sostiene la Lega, è decisamente credibile. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino