Comuni, un miliardo per rinviare il crac: fondo triennale nel decreto Sostegni

Comuni, un miliardo per rinviare il crac: fondo triennale nel decreto Sostegni
Nessun Comune fallirà per aver rispettato la legge sulla restituizione in trent’anni del Fondo anticipazioni liquidità. Il tavolo riunito al Mef dalla...

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Nessun Comune fallirà per aver rispettato la legge sulla restituizione in trent’anni del Fondo anticipazioni liquidità. Il tavolo riunito al Mef dalla viceministra Laura Castelli ha raggiunto l’accordo politico, anche se sarà tradotto in norma nei prossimi giorni, con la versione definitiva del decreto Sostegni. Possono tirare un sospiro di sollievo 1.400 sindaci di altrettanti municipi, tuttavia non tutti gli enti - a partire da Napoli che è nella situazione più critica di tutti - finiranno per questa sola ragione in bonus: la difficoltà di far quadrare i bilanci resta comunque elevata.

La decisione di maggior rilievo è la volontà dello Stato di caricarsi direttamente una quota del problema, al punto da far parlare di un modello «salvaRoma». Il paragone è eccessivo perché in quel caso (era il 2008) lo Stato si è caricato il peso di 12 miliardi di debito della Capitale e visto che «lo Stato siamo noi», il conto è arrivato ai contribuenti di tutta Italia con ratei che dureranno fino al 2048. Stavolta il gruzzolo è più modesto, pari a un miliardo, da assegnare ai capoluoghi di città metropolitane, quindi a partire da Napoli, che da sola ne assorbirebbe oltre metà. È un passo avanti, perché la prima versione del decreto Sostegni conteneva - all’articolo 40, intanto lievitato a 53 - una norma in favore dei Comuni in predissesto ma con un tetto all’importo fissata a 200.000 abitanti, quindi azzoppando le grandi città. 

L’obiettivo del salvagente miliardario non è risolvere la (intricatissima) situazione di alcuni Comuni, bensì guadagnare tempo per arrivare a una profonda revisione dei principi contabili. Servirà (almeno) l’intero 2021 e nel frattempo gli enti potranno approvare i bilanci nonostante la sentenza 80/2021 della Corte costituzionale abbia bocciato i ripiani trentennali. 

La notizia della schiarita è stata commentata positivamente dal deputato Roberto Pella, sia nel suo ruolo di vicepresidente vicario dell’Anci (è sindaco di un Comune in provincia di Biella), sia in qualità di capogruppo di Forza Italia in Commissione bicamerale per le questioni regionali: «Bene una norma ponte che consenta ai Comuni di chiudere i bilanci ma poi servirà anche una soluzione strutturale. L’iniziativa della viceministra Castelli - ha aggiunto - è lodevole e va supportata perché il problema riguarda tantissimi Comuni di ogni colore politico. Occorre però anche mettere in campo una soluzione definitiva». Gli enti locali, evidenzia Pella, sono «d’altro canto fondamentali anche per la messa a terra del Recovery e dobbiamo creare le condizioni per cui possano lavorare». Proprio per affrontare il tema in Parlamento, il deputato azzurro ha chiesto «l’audizione del presidente dell’Anci Antonio Decaro, della viceministra all’Economia Laura Castelli e della ministra dell’Interno Luciana Lamorgese in commissione Affari Regionali la prossima settimana».

Però, al di là della soddisfazione sull’accordo politico, resta il nodo della soluzione tecnica e in particolare del cosiddetto riaccertamento. La Corte costituzionale è stata chiara nel criticare la tecnica di scaricare i debiti sulle prossime generazioni, cioè di spalmarli su trent’anni, tuttavia ha cancellato soltanto un caso specifico (il Fal) e solo per i Comuni, mentre il tema trova applicazioni molto più ampie. Questo lascerebbe spazio a interpretazioni che permettono di recuperare con una nuova formulazione la diluizione trentennale. Ma si cerca una soluzione giuridicamente blindata, per evitare che si replichi quanto accaduto negli ultimi due anni tra sentenze e leggine.

Intanto va maturando nel governo la convinzione che Napoli meriti un intervento specifico. L’Ivsm della città (cioè l’indicatore di vulnerabilità sociale e materiale) è a un livello elevatissimo: oltre 110 quando già 103 è considerato molto grave. Nelle condizioni attuali Napoli è tra le grandi città quella che soffre di più il meccanismo dell’Fcde, il Fondo crediti di dubbia esigibilità. Anche se il suo accantonamento annuale non è molto diverso da quello di Milano e di Roma, incide tantissimo rispetto alle entrate correnti, decurtandole del 27%, com’è evidente dalla tabella in pagina elaborata dall’Ifel-Anci. In pratica per gestire Milano il sindaco, dopo aver fatto gli accantonamenti dell’Fcde, ha a disposizione 3 miliardi, quello di Roma 4,5 mentre il collega di Napoli un miliardo soltanto. Il minore gettito di entrate a Napoli è dovuto in larga parte alle condizioni sociali della città, ma provoca un taglio dei servizi pubblici e quindi inevitabilmente un aumento del degrado cittadino. Un circolo vizioso da spezzare. 

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Il Mattino