Povertà 2021, dati in aumento nelle regioni meridionali: una famiglia su 10 vive in condizioni di disagio assoluto

Povertà 2021, dati in aumento nelle regioni meridionali: una famiglia su 10 vive in condizioni di disagio assoluto
La povertà non è stata sconfitta. Anzi. Quella assoluta, la più pericolosa, è risultata indifferente sia al Reddito di cittadinanza sia alla ripresa...

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La povertà non è stata sconfitta. Anzi. Quella assoluta, la più pericolosa, è risultata indifferente sia al Reddito di cittadinanza sia alla ripresa vigorosa dell'economia lo scorso anno: nel 2021, infatti, l'Istat ha calcolato poco più di 1,9 milioni di nuclei familiari in condizione di povertà assoluta per circa 5,6 milioni di persone, esattamente come l'anno precedente, il più difficile per via della pandemia, quando si erano toccati i massimi storici di questa preoccupante statistica. I numeri confermano che siamo tornati ai valori del 2019 e gli esperti danno quasi per scontato che andrà peggio nell'immediato futuro, quando le conseguenze della guerra in Ucraina, l'impennata dei costi dell'energia e l'inflazione faranno sentire maggiormente il loro peso. Dentro la notizia, poi, ci sono altri dati angoscianti: sono poco meno di 1,4 milioni, ad esempio, i minori in povertà assoluta e l'infanzia ne è magna pars con 1 milione 382mila bambini (il 14,2% del totale, molti di più del 9,4% degli individui a livello nazionale). Il 16% è concentrato nel Mezzogiorno, la macroarea con la maggiore incidenza e, non a caso, anche la più colpita dalla povertà assoluta. Lo scorso anno, rende noto infatti l'Istat, l'incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma più alta nel Sud del Paese (10,0%, da 9,4% del 2020) mentre scende in misura significativa al Nord (6,7% da 7,6%), in particolare nel Nord-ovest (6,7% da 7,9%). Tra le famiglie povere, il 42,2% risiede nel Mezzogiorno (erano il 38,6% nel 2020) e il 42,6% al Nord (erano il 47,0% nel 2020).

Che succede? L'Istat dice che molto è dipeso da «un incremento più contenuto della spesa per consumi delle famiglie meno abbienti (+1,7% per il 20% delle famiglie con la capacità di spesa più bassa, ossia la quasi totalità delle famiglie in povertà assoluta) che non è stato sufficiente a compensare la ripresa dell'inflazione (+1,9% nel 2021), in assenza della quale la quota di famiglie in povertà assoluta sarebbe scesa al 7,0% e quella degli individui all'8,8%». Dunque, i maggiori consumi non compensano l'inflazione. «Ma si resta comunque sorpresi da questi dati - commenta Luca Bianchi, direttore generale della Svimez - perché in fondo non ce li aspettavamo in questa gravità. Nel 2021 l'economia è ripartita anche al Sud e con un rilancio, sia pure non clamorosamente alto, anche dell'occupazione. Il Reddito di cittadinanza sembrava essere riuscito a tamponare una situazione che era in emergenza nel 2019, dopo un buon recupero l'anno precedente: oggi prendiamo atto che in realtà è tornata a crescere la marginalizzazione del lavoro al Sud e che questo fenomeno si è esteso anche al Centro che, in base ai dati sulla povertà assolta di ieri, è sempre più vicino al Sud e più lontano dal Settentrione». 

Mezza Italia, insomma, si impoverisce nonostante che ben 2,48 milioni di persone, pari a 1,1 milioni di famiglie per lo più del Mezzogiorno, percepiscano il Reddito di cittadinanza (per la cronaca, 2,16 milioni sono cittadini italiani, quasi 231 mila sono extra comunitari con permesso di soggiorno Ue e circa 87 mila sono cittadini europei). Una contraddizione, l'ennesima dimostrazione che la misura concepita dai 5 Stelle anche per avviare al lavoro chi ne era stato tenuto fuori, ha fallito il suo obiettivo anche sul versante dell'assistenza? «Non è così - risponde Bianchi -, viene anzi da pensare che i numeri dell'Istat sulla povertà assoluta sarebbero stati ben peggiori senza il Reddito». 

E allora? Perché l'Italia riparte e quasi 6 milioni di italiani rischiano di restare per sempre poveri? «Nessuno poteva immaginare che dopo la pandemia ci saremmo trovati di fronte ad altri enormi problemi, dalla crisi delle materie prime che ha scombussolato i piani di tantissime aziende che erano appena ripartite, all'impennata del costo dell'energia, alla guerra in Ucraina risponde Vito Grassi, vicepresidente di Confindustria -. La conseguenza di tutto ciò è una crescita, come quella attuale, molto modesta perché vanificata dall'inflazione. Ed è evidente che se il Paese non progredisce si accentuano ancora di più i divari e aumenta il distacco tra chi vede in pericolo i pochi risparmi messi da parte e chi invece può spendere e investire come gli piace. Paghiamo gli effetti di situazioni imprevedibili che contribuiscono a penalizzare chi sta più in basso».

Si diventa poveri, insomma, perché il Paese non riesce a crescere in modo omogeneo. Lo avevamo capito, per la verità, già a fine 2020: quell'anno, secondo gli aggiornamenti dell'Istat, si è verificato un incremento del livello di povertà ai massimi dal 2005, ovvero 5,6 milioni in povertà assoluta, un milione in più rispetto al 2019. Si era detto che il 2021 avrebbe ridotto questo balzo, che la spinta del Pil (+6,6%) e la ripresa dell'occupazione, sia pure sotto forma di contratti per lo più a termine e part time, avrebbe dato peso alla speranza di riportare la povertà assoluta a dimensioni meno drammatiche. Che Reddito di cittadinanza e Reddito di emergenza avrebbero contribuito a invertire la rotta. Niente di tutto questo. 

Il Nord, ripartito molto meglio, recupera anche sul versante poveri mentre il Sud sembra ripiombare nel divario più amaro. Lo dimostra anche il fatto che peggiora la condizione delle famiglie con maggior numero di componenti, storicamente allocate soprattutto nel Mezzogiorno: nel 2021 infatti l'incidenza di povertà assoluta è più elevata tra i nuclei più numerosi, raggiungendo il 22,6% tra quelli con cinque e più componenti e l'11,6% tra quelli con quattro. E l'allarme suona anche per i nuclei più giovani: in generale, dice l'Istat, la povertà familiare presenta un andamento decrescente all'aumentare dell'età della persona di riferimento. Dal momento che le famiglie di giovani hanno minori capacità di spesa, poiché dispongono di redditi mediamente più bassi e di minori risparmi accumulati nel corso della vita, sono in una fascia di rischio superiore a quella dei più anziani. La povertà assoluta riguarda infatti il 9,4% delle famiglie con persona di riferimento tra i 18 e i 34 anni contro il 5,2% di quelle con persona di riferimento oltre i 64 anni. 

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Il Mattino