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I miliardi da spendere, che dovrebbero diventare tre in più rispetto alle stime originali. E le riforme da fare, a partire da quella del fisco, perché la logica del Next Generation Eu sarebbe quella di accompagnare con gli investimenti i cambiamenti necessari per aumentare la competitività del Paese. Il “Piano nazionale di ripresa e resilienza” dovrebbe ricevere oggi il via libera del Consiglio dei ministri; sui contenuti non ci sono problemi sostanziali, mentre la tensione politica si concentra sulla governance e sui poteri sostitutivi di cui disporrebbero i sei responsabili di missione, che sono esplicitamente previsti nel testo.
Dunque il Piano che faceva affidamento su 209 miliardi, di cui 193 legati allo strumento principale (“Dispositivo di ripresa e resilienza”) vede quest’ultima voce passare a 196 e di conseguenza il totale, comprensivo dei fondi “minori”, a 212.
I 196 miliardi sono suddivisi nelle sei missioni: la quota più sostanziosa va a alla “Rivoluzione verde e transizione ecologica” con 74,3 miliardi, poi c’è “Digitalizzazione innovazione e competitività” che ne avrà 48,7, “Infrastrutture per una mobilità sostenibile” (27,7), “Istruzione e ricerca” (19,2), “Parità di genere, coesione sociale e territoriale” (17,1) e infine la “Salute” che pur essendo naturalmente il settore più direttamente coinvolto dalla crisi di questi mesi potrà contare solo su 9 miliardi. Tra le riforme particolare attenzione è destinata a quella fiscale, che comprende una revisione generale del sistema in direzione di maggiore equità e digitalizzazione dei pagamenti ma anche la riduzione dell’Irpef (che però non sarà finanziata direttamente dai fondi europei). L’attenzione si concentra ora sui redditi compresi tra 40 mila e 60 mila euro l’anno, sia da lavoro dipendente che autonomo, oggi caratterizzati da “livello di prelievo eccessivi”. Grande enfasi è posta anche sulla riforma della pubblica amministrazione e su quella della giustizia.
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