Kikana nella lingua del Mali vuol dire vieni qua, in quella del Senegal vuol dire chi sei. In una parola è racchiusa la filosofia del locale a cui è stato dato...
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Le mani veloci di Bouyagui si intrecciano in cucina con quelle di Shukri e ancora con quelle di Pippo, storico gestore di Shisha e di Giulio dell’associazione LESS Onlus che ha sostenuto l'iniziativa dai suoi primi passi. Insieme hanno fondato l’associazione che delizierà i palati di tutti i gusti. «L’idea è quella di fare una cucina internazionale perché ognuno qui deve trovare qualcosa che gli piace – ha detto Bouyagui – non faremo solo piatti africani e mediorientali. Faremo una mescolanza». Ed è proprio questo il bello di Kikana: un luogo dove sentirsi a casa viaggiando con i sapori attraverso i continenti, seduti comodamente sui cuscinoni in stile arabo che decorano le sale. E proprio seduti a tavola che si conosce l’altro, a partire dalle sue tradizioni. Tra i piatti di punta carne con la mostarda, due tipi di couscous diversi, uno tabulè all’insalata, l’altro con broccoli, pollo e purea di patate e carote. Poi c’è il «riso della pace» con le verdure e il piatto tipico dei giorni di festa nel Senegal.
La storia di Tobilì racconta come una startup possa anche creare integrazione. L’idea di fondare un catering multietnico l’ha avuta Bouyagui che è arrivato in Italia circa tre anni fa. Quando si è messo in marcia per la Libia e si è imbarcato per l’Italia era ancora minorenne. La sua prima impresa l’ha compiuta facendo quel terribile viaggio come tanti suoi connazionali. Quando gli si chiede perché è partito scuote la testa ma nei suoi occhi si legge la voglia di riscatto e la tenacia di chi crede che tutto sia possibile, basta una buona idea e tanto entusiasmo. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino