Afghanistan, a Napoli 127 profughi: assistenza e giocattoli per le famiglie di rifugiati

Quando arrivano a bordo dei quattro bus dell'esercito italiano è ancora buio. Mancano pochi minuti alle 5 e davanti al Residence del Covid Center dell'Ospedale del...

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Quando arrivano a bordo dei quattro bus dell'esercito italiano è ancora buio. Mancano pochi minuti alle 5 e davanti al Residence del Covid Center dell'Ospedale del Mare di Ponticelli, il direttore generale dell'Asl Napoli 1 Ciro Verdoliva segue con attenzione le operazioni di accoglienza degli 87 cittadini afghani arrivati martedì pomeriggio in Italia grazie al ponte aereo organizzato dal ministero della Difesa da Kabul. Tra loro 27 donne, 29 bambini di cui due neonati, il più piccolo è Elham Alokozai di appena 7 giorni che dorme sereno tra le braccia della mamma che si lascia aiutare da un'infermiera per indossare la nuova mascherina, prima di gettare quella tenuta per le oltre due ore di viaggio dal Terminal 5 dell'aeroporto di Fiumicino, dove sono stati tutti sottoposti al tampone rapido e un check up per individuare eventuali problemi di salute. 

Sono arrivati con almeno cinque ore di ritardo rispetto alla tabella di marcia, e per due motivi. Sul volo in cui c'erano gli afghani destinati alla Campania, una donna è stata colta da una forte crisi d'ansia per lo stress accumulato nelle ultime settimane e per lei è stato necessario un ricovero. Inoltre, su due giovani che si erano imbarcati senza la famiglia, sono stati necessari dei controlli ulteriori per motivi di sicurezza. A loro, si sono aggiunti altri 40 profughi afghani arrivati nella notte di ieri.

Muhammad è accanto alla moglie Amina, mentre il piccolo Hamad gli dorme sulla spalla. Sono tra i primi a mettere piede su questo pezzo d'Italia da dove ora ricominceranno a vivere. Lontano dalle minacce e i mitra dei talebani, che stanno cercando tra Kabul ed Herat i collaborazionisti. Persone che, proprio come loro, lavoravano nelle ambasciate o per le ong. Nei loro occhi c'è paura e tristezza ma con il passare dei minuti si legge la speranza. Stringono forte una borsa o uno zaino ciascuno, riempiti con pochi averi racimolati in fretta e furia non appena è arrivato loro il messaggio sul cellulare che gli diceva di raggiungere il gate controllato dai carabinieri della compagnia Tuscania che scorrendo i nomi sulla lista li hanno smistati verso il compound con gli uomini di aeronautica ed esercito che li hanno poi fatti imbarcare dopo ore di attesa. Ci sono coppie appena sposate, altre da uno a quattro figli, e altre ancora che sono riuscite a portare con sé i genitori (il più anziano ha 72 anni) e perfino i fratelli. 

Nella sala di attesa del Covid center di Ponticelli gli 87 afghani aspettano di sapere cosa ne sarà di loro con il sostegno dei medici e operatori sanitari oltre che della Protezione civile. Un medico di origini libanesi li accoglie con un «Salam alaykum» mentre altri in inglese chiedono il nome e cognome e scorrono la lista con il numero della camera dove rimarranno per sette giorni e non più dieci, poiché il ministero della Salute ha deciso di diminuire il periodo di quarantena per permettergli di raggiungere i centri di accoglienza quanto prima, ed essendo sempre monitorati a livello sanitario, il pericolo di contagi Covid è molto basso. Per ora sono stati individuati 15 centri della rete Sai in Irpinia e Sannio, e all'occorrenza le prefetture allargheranno alle altre province campane, dove andranno da mercoledì prossimo. 

Una volta ricevuto il braccialetto identificativo, sono stati accompagnati nelle loro stanze e per le famiglie più numerose ci sono le porte comunicanti per poter interagire. In tutto hanno impiegato 15 minuti per controllarli tutti, con alcuni operatori dell'Asl Napoli impegnati a intrattenere i piccoli con palloncini e pastelli colorati. Il Covid center di Ponticelli è stato rimodulato dall'Asl Napoli 1 nei quattro piani, per garantire loro il necessario confort e la massima assistenza nel corso del periodo di quarantena. La Regione Campania ha fornito a tutti un kit di prima necessità, indumenti intimi, vestiario e alcuni giocattoli per i più piccoli che si sono trovati catapultati in una realtà del tutto nuova dopo un viaggio estenuante. Ogni capofamiglia ha incontrato i componenti della struttura operativa della Regione intorno alle 11.30, riferendo ogni utile dettaglio necessario a garantire la migliore accoglienza e sicurezza. Le più disorientate sono apparse le donne, composte e dignitose mostrano coi loro abiti la paura della vendetta dei talebani, che non le riconoscono neanche con il nome di battesimo. Un'anziana indossa lo chador, il lungo velo nero che copre dalla testa ai piedi imposto dai fondamentalisti, altre il hijab e solo un paio, le più giovani, il disinvolto shayla. Lo sguardo per ora è smarrito ma c'è la consapevolezza che la Campania è un luogo da cui potranno ricominciare a essere libere. 

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Il Mattino