Agguato ad Arzano, il raid davanti al cimitero per colpire il clan della 167

Agguato ad Arzano, il raid davanti al cimitero per colpire il clan della 167
La camorra alza il tiro e torna a sparare per strada in pieno giorno anche nel tormentato hinterland a nord di Napoli. Ieri mattina poco prima delle 13,30 Raffaele Liguori, 32...

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La camorra alza il tiro e torna a sparare per strada in pieno giorno anche nel tormentato hinterland a nord di Napoli. Ieri mattina poco prima delle 13,30 Raffaele Liguori, 32 anni, di Arzano, già noto alle forze dell'ordine, ritenuto orbitante nel clan 167 di Arzano, è finito nel mirino di un killer che gli ha esploso contro una gragnuola di colpi, uno dei quali lo ha colpito in pieno volto, facendolo stramazzare sull'asfalto di via Squillace, nei pressi del cimitero consortile di Arzano-Casoria-Casavatore. Non appena il killer, che era sicuramente insieme a uno o più complici, si è allontanato, Raffaele Liguori è stato soccorso da alcuni operai che lavorano nelle numerose officine di via Squillace. Le condizioni del ferito sono apparse subito gravissime. I primi soccorritori hanno allora telefonato sia alla centrale operativa del 118 che ai carabinieri della compagnia di Casoria, diretta dal maggiore Diego Miggiano. Sul posto, oltre ai militari, è intervenuta un'ambulanza dotata di apparecchiature per la rianimazione, a bordo della quale è stato adagiato il ferito che è stato portato in codice rosso al pronto soccorso dell'ospedale Cardarelli di Napoli, dove ora è ricoverato in condizioni disperate. I medici si sono riservate la prognosi, giudicando il ferito in imminente pericolo di vita.

Sul luogo dell'agguato i carabinieri hanno rinvenuto e sequestrato alcuni bossoli, verosimilmente esplosi da una pistola calibro 9. Segno inequivocabile che Liguori, tra i cui precedenti penali figurano anche estorsioni e reati contro il patrimonio, doveva essere ucciso. Gli esami della balistica potranno accertare se quei colpi siano stati esplosi da distanza ravvicinata, circostanza che indurrebbe gli inquirenti a ipotizzare che la vittima designata conosceva chi lo voleva uccidere, o se i colpi siano stati esplosi da una distanza maggiore. I militari si sono trovati di fronte al solito muro di omertà, perché le persone ascoltate sul posto hanno risposto, in fotocopia, di non aver visto nulla, e nemmeno di aver sentito le deflagrazioni degli spari, coperti dai rumore delle numerose officine, che tuttavia alle 13,30 sono ancora in pausa pranzo. I carabinieri hanno comunque acquisito le memorie di alcuni sistemi di videosorveglianza della zona.

La notizia del tentato omicidio è arrivata ad Arzano, e in particolare tra le palazzine popolari 167 (da cui il nome di questo nuovo e temibile clan) quasi in tempo reale, e con l'effetto di svuotare in un amen i viali di questo difficile rione, diventato un vero e proprio fortino della camorra. Segno questo che è indicativo di una risposta a mano armata immediata per vendicare a sangue caldo il ferimento, che tale non doveva essere, di Liguori. Un sussulto tra questi palazzoni si è avuto solo quando i carabinieri hanno effettuato alcune perquisizioni nel rione, sui cui risultati c'è uno stretto riserbo degli inquirenti, coordinati dai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli che ha evocato a sé il fascicolo. 

Dopo un periodo di relativa calma, i riflettori investigativi tornano a illuminare ancora una volta il clan 167. La cosca, storicamente e direttamente collegata al clan Amato-Pagano, nel giro di un paio di anni si è posta al vertice criminale della zona a nord di Napoli, un tempo feudo del clan Moccia, i cui capizona sono ora morti o in carcere. La cosca controlla le attività criminali e quelle economiche (grazie a teste di legno pulite) non solo ad Arzano, ma anche a Casavatore, Frattamaggiore, Crispano, fino a Cardito. Un clan che ha osato sfidare a viso aperto lo Stato, consegnando poche settimane fa all'ufficio protocollo del Comune, grazie a un postino della camorra, una lettera a firma 167, contenente minacce di morte per il commissario prefettizio, il comandante dei vigili urbani e la segretaria comunale. La missiva si concludeva con un inquietante Riprendiamoci i nostri politici e il nostro futuro.

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Il Mattino