Karina, ballerina precaria al San Carlo: «Roberto Bolle ha ragione, neanche i soldi per le scarpette»

Karina, ballerina precaria al San Carlo: «Roberto Bolle ha ragione, neanche i soldi per le scarpette»
«Tutto costa, nella vita di una ballerina». Due giorni fa il richiamo alla Camera dei Deputati di Roberto Bolle sulla crisi dei corpi di ballo degli enti lirici...

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«Tutto costa, nella vita di una ballerina». Due giorni fa il richiamo alla Camera dei Deputati di Roberto Bolle sulla crisi dei corpi di ballo degli enti lirici italiani, tra cui quello del San Carlo, definito «in fin di vita». Organici incompleti, troppi contratti a termine, nessuna stabilità per i danzatori professionisti. La critica dell’étoile va a illuminare un problema reale: «Per chi danza entrare in un corpo di ballo è il sogno di una vita. Ma i concorsi per la stabilità sono rari e i posti pochissimi» assicura Karina Samoylenko, 25 anni, toscana di nascita, radici in Ucraina e Russia, per un periodo anche volto televisivo ad «Amici». Quest’anno è al secondo contratto a termine con il Massimo napoletano, dopo uno di 3 mesi da maggio a luglio. «Mi piacerebbe entrare nel teatro stabilmente, ammiro il lavoro svolto dalla direttrice del corpo di ballo Clotilde Vayer» dice. Ora sta provando «Il lago dei cigni», in programma dal 28 dicembre. Ma, appunto, da precaria: «Abbiamo spese continue».

Insomma, dura la vita per chi danza. «Un investimento continuo, a partire dalla formazione. Ho iniziato presto, a 5 anni. I corsi accademici costano tantissimo, anche 5/6mila euro l’anno. A 14 anni mi sono trasferita a Milano per il diploma alla Scala che ho conseguito a 18» dice. Anche i costi di residenza lontano da casa sono ingenti. Soprattutto nel capoluogo lombardo, dove passa quasi 10 anni e dove, racconta, la vita costa carissima. «Se non sei nato là o vieni da una famiglia ricca devi arrangiarti. Alcuni miei compagni di corso stavano nel convitto Longone, io in una sorta di casa famiglia dove eravamo seguite da una madre di un’altra ballerina che faceva da mamma un po’ a tutte. Ma anche dividendo casa le spese non erano indifferenti». Ci sono tante spese: «Infinite. Se stiamo fermi per un periodo, come accadde in pandemia, dobbiamo necessariamente seguire percorsi di ripresa fisica, tra cui il pilates, il gyrokinesis». Poi bisogna continuare a fare lezioni di classica, ovviamente, e hanno un costo anche quelle».

Gli altri capitoli riguardano vestiario e terapie, come spiega la Samoylenko: «Il vestiario tecnico ha costi non banali a spese proprie: ad esempio delle buone “punte”, le calzature dei ballerini classici, partono dai 50 euro e un professionista ne può usare anche una decina di paia al mese». La durata di una scarpa da punta varia molto in base alla marca e alla mole di lavoro: ce ne sono ad esempio alcune di fabbrica americana che sono più resistenti ma sono fatte di un materiale che non permette al piede di respirare e di lavorare correttamente. Durante il periodo contrattuale in un teatro le spese sono a carico dell’ente, ma se un professionista non ha contratti deve continuare a praticare danza e quindi riprendere a comprare le punte come faceva da adolescente. Poi la salute del corpo: «Il timore di avere problemi fisici nel mio mestiere è costante. Lo sforzo fisico che facciamo ha delle ripercussioni sul nostro stato di salute muscolare, tendineo e osseo e perciò è molto importante avere la possibilità di potersi affidare a persone che in caso di bisogno sappiano come aiutarti: ovviamente ciò ha un costo». Perciò servirebbe un contratto a tempo indeterminato. 



«E pensare che io era riuscita ad averlo. A San Pietroburgo, nel corpo di ballo del teatro Mikhailovsky. Ma nel giro di poco ho capito che non ero fatta per la Russia, sia per il clima che per lo standard di vita. Mi mancava l’Italia, perciò ho fatto una follia e sono tornata». La follia ha dei costi: «Lasciare il posto fisso in Russia per immergermi di nuovo nel precariato italiano, tutti i ballerini vorrebbero un contratto stabile in un corpo di ballo. Da quando sono tornata, nel 2019, ho avuto un primo contratto con l’Opera di Roma, poi l’esperienza in tv alla corte di Maria De Filippi e altri incarichi temporanei». Quindi la giovane artista è tornata nella ruota classica: un teatro emette un’audizione pubblica che permette di essere inseriti in una graduatoria ed essere chiamati a seconda delle disponibilità. Ma si riesce a vivere da precari? «I contratti possono essere buoni, anche non si naviga nell’oro. A Milano lavorai alla Scala per tre stagioni di seguito e non mi lamentavo. Se gli accordi sono di pochi mesi si rischia di ritrovarsi a dover pagare due case: a me è capitato di fittare un appartamento a Napoli mentre ne pagavo un altro a Milano per non rimanere senza a fine contratto». Adesso vive qua e dice che conviene, il costo della vita è molto più sostenibile che al Nord. «Spero che diventi la mia nuova casa e che il San Carlo sia il mio luogo di lavoro». Sull’uscita di Bolle: «Il precariato nella danza è un tema sentito. Ha fatto bene Bolle a parlarne, a denunciare la situazione del mondo del balletto in Italia».
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Il Mattino