La camorra si tramanda di padre in figlio. E più tenera è l’età dell’apprendista, più possibilità di farne, un domani, un criminale,...
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È solo uno dei profili degli indagati che il gip definisce «sconcertanti». Tra i campani che dettano legge nel nord est quella di Puoti, originario di Aversa, è una figura associata al narcotraffico. Ogni indagato ha un ruolo preciso nel gruppo. C’è chi si occupa di usura e truffe assicurative, come Antonio Pacifico e Francesco Verde, originario di Sant’Antimo ma residente ad Eraclea. E c’è chi da anni veniva riconosciuto come leader. Come Donadio.
È in questo ampio raggio dei Casalesi nel Nord est che il pm tratteggi lo scenario in cui è collocato il primo sindaco veneto arrestato per camorra, Mirco Mestre da Eraclea. Fa parte, secondo la Dda, di quella schiera di avvocati a disposizione del clan. In cambio avrebbe ottenuto alcune centinaia di voti alle Comunali del 2016, dirottati da Buonanno e Donadio e determinanti per battere «i comunisti». Lo dice Luciano Donadio, il capo, per ora presunto, dei Casalesi veneti, vantandosi di aver fatto eleggere Mestre. «Comunque quando Mirco ha vinto ha detto: “Hai visto tu i voti dei terroni?”». Secondo il ras, senza i «suoi» voti Mestre non sarebbe riuscito a vincere contro il sindaco uscente, candidato del centrosinistra.
In cambio dei voti, è nelle intercettazioni, il primo cittadino avrebbe promesso al casalese Donadio e ai suoi soci in affari, Paolo Valeri e Armando Berasi, l’appoggio amministrativo per la realizzazione a Eraclea di un impianto di biogas che con gli stessi imprenditori veneziani aveva già realizzato in Friuli Venezia Giulia allo scopo di frodare le banche e che lo avevano finanziato, e l’erario. Ma non è tutto. I Casalesi, quasi magnanimi, in cambio degli ottanta voti che hanno fatto la differenza sul candidato arrivato secondo e sono serviti a Mestre per conquistare la fascia tricolore avrebbero promesso la fornitura di acqua calda sanitaria e riscaldamento nelle scuole del paese a titolo gratuito. Pur di farsi approvare il progetto. E Mestre, a leggere gli atti, avrebbe risposto: «Adesso vediamo un attimo, se la cosa... eh... te la facciamo passare». Con il sindaco è indagato, a piede libero, il suo vice e predecessore, Graziano Teso. Ma è Mestre che, pur di diventare sindaco, non si sarebbe fatto scrupolo alcuno, fino a intervenire per far assegnare case popolar agli affiliati. Tra i «beneficiari» c’è anche Puoti, quello che «ammaestra» il figlio alla malavita. Il rapporto inizialmente professionale tra il sindaco Mestre e i Casalesi sarebbe degenerato trasformandosi dunque da mera consulenza legale a patto criminale. Come hanno fatto, insomma, decine di sindaci dell’Agro-aversano. Mestre s’affida ai camorristi per farsi eleggere e consegna se stesso e l’intero paese nelle mani dei Casalesi.
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Il Mattino