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A settembre era stato condannato in via definitiva a 14 anni di carcere, ma si era reso latitante. La scorsa notte i carabinieri hanno atteso il suo ritorno a casa per la chiusura delle feste per l'Epifania e l'hanno catturato. È finito in carcere, per scontare un residuo di pena di quattro anni di reclusione, Raffaele Sperandeo, 43 anni, pluripregiudicato di Torre Annunziata, cognato del boss poeta Aldo Gionta. Era lui uno dei capi del cartello formato dai Gionta con i Nuvoletta di Marano e i Di Gioia di Torre del Greco per importare cocaina dal sud America. E per questo, lo scorso settembre la Corte di Cassazione aveva confermato la condanna a 14 anni di carcere. Nel frattempo, però, Sperandeo assistito dall'avvocato Ciro Ottobre aveva ottenuto la scarcerazione per decorrenza dei termini di detenzione ed era tornato libero. Anche perché una parte della pena da espiare l'aveva già scontata. La condanna definitiva aveva spinto Sperandeo a sottrarsi alla cattura e avviare una latitanza, durata poco più di tre mesi. Come è accaduto per tanti altri camorristi, il richiamo delle festività e della famiglia è costato la fine della latitanza e la conseguente cattura. Così è successo la scorsa notte anche per Sperandeo, che stava tornando a casa, nel rione Carceri di Torre Annunziata, il quartiere roccaforte del clan Gionta. Sotto l'abitazione, però, ad attenderlo c'erano i carabinieri della stazione oplontina, che erano impegnati in alcuni controlli del territorio. Hanno visto il 43enne, l'hanno riconosciuto e subito bloccato. Dopo l'identificazione, Raffaele Sperandeo è stato accompagnato nel penitenziario di Secondigliano dove sconterà il residuo di pena di poco più di quattro anni di reclusione per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti.
Dopo due anni di latitanza, lo scorso 28 dicembre era stato catturato il boss gragnanese Antonio Di Martino.
Nel corso delle indagini partite nel 2013, gli investigatori avevano ricostruito anche un episodio di estorsione a Gragnano ai danni di un grosso pastificio. Protagonista della vicenda sarebbe proprio Antonio Di Martino, che avrebbe incassato il pizzo da un imprenditore per il tramite di uno dei suoi dipendenti, passando per i lavori di messa in sicurezza dell'edificio principale della fabbrica. Un episodio per il quale sono stati già condannati gli altri indagati.
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