Alleanza per le estorsioni, va in carcere il boss Cesarano

Alleanza per le estorsioni, va in carcere il boss Cesarano
Prima lo scontro e il rischio di una faida, poi l'intervento dei nuovi reggenti dei clan e il «rinnovo» dell'alleanza di camorra nella gestione delle...

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Prima lo scontro e il rischio di una faida, poi l'intervento dei nuovi reggenti dei clan e il «rinnovo» dell'alleanza di camorra nella gestione delle estorsioni. Da Castellammare a Scafati, passando per Pompei e Santa Maria la Carità, i Cesarano e i Matrone-Buonocore si erano spartiti il territorio, pattuendo anche le percentuali sulle estorsioni «fuori zona». È finito in carcere anche Vincenzo Cesarano, 60 anni, alias «'o mussone», da quattro anni reggente del clan Cesarano al rione Ponte Persica, in virtù della parentela con il cugino capoclan dei trenta ergastoli Ferdinando Cesarano. Vincenzo Cesarano è finito in carcere nell'ambito di un'operazione coordinata dalla Dda di Salerno, a conclusione di indagini dei carabinieri. Tredici persone sono finite in carcere, otto ai domiciliari, altre undici sono indagate a piede libero accusate a vario titolo di associazione di tipo mafioso, estorsione, detenzione di porto abusivo di armi, violenza privata e illecita concorrenza, tutti reati aggravati dal metodo mafioso.



I fatti ricostruiti nel corso delle indagini riguardano episodi che vanno dal 2014 al 2019, con il monopolio del racket sulle slot machine gestito dai due clan, nonostante i tanti arresti eccellenti. Nuovo ordine di arresto per l'ex reggente dei Cesarano, il boss Luigi Di Martino «'o profeta» (predecessore di Vincenzo Cesarano e attualmente al 41-bis), i suoi uomini operativi Giovanni Cesarano detto Nicola, Aniello Falanga e Raffaele Belviso, tutti già in carcere dal 2017. E ancora Ferdinando Cirillo, alias «'o battlamiera», pregiudicato di Pompei che aveva fatto da paciere tra i Cesarano e il boss rivale Giuseppe Buonocore, nonché gli imprenditori gragnanesi delle slot Andrea e Filippo Bambace, vittime di estorsione dei Cesarano e a loro volta estorsori per i Buonocore-Matrone ai danni delle aziende rivali. In carcere anche gli scafatesi Antonio Palma, Francesco Berritto, Giuseppe Buonocore, Giovanni Barbato Crocetta e Pasquale Panariello. Ai domiciliari anche Salvatore Avallone, esperto riparatore di armi di Sant'Antonio Abate, ritenuto uno degli armieri di Buonocore e gestore di un arsenale con tanto di kalashnikov e mitra. Arresti a casa per Agostino Celentano, residente a Castellammare, Raffaele Di Ruocco, di Gragnano, Luigi Marra di Boscoreale e gli altri scafatesi Alessandro Ben Hazaz, Vincenzo Buonocore (figlio di Giuseppe), Salvatore Generali e Francesco Terrestre.


Nel corso delle indagini è stata ricostruita la fase di tensione tra i Cesarano e i Buonocore. Su mandato di Luigi Di Martino, erano stati eseguiti una stesa contro l'abitazione di Buonocore ed era stata piazzata una bomba al Roxy Bar di Scafati, sempre gestita dal nuovo boss. Con l'arresto di Luigi «'o profeta» e la scarcerazione di Vincenzo Cesarano, i due clan avevano fatto pace. Però ai Cesarano spettava una percentuale sulle estorsioni a Scafati.
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Il Mattino