Napoli, la Madonna del boss sanguinario: l'arcivescovo ordina la rimozione dei quadri

Napoli, la Madonna del boss sanguinario: l'arcivescovo ordina la rimozione dei quadri
Si va verso la rimozione dei quadri donati dal defunto boss Lorenzo Nuvoletta alla chiesa di Maria Santissima della Cintura e della Consolazione a Marano. La Curia di Napoli, che...

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Si va verso la rimozione dei quadri donati dal defunto boss Lorenzo Nuvoletta alla chiesa di Maria Santissima della Cintura e della Consolazione a Marano. La Curia di Napoli, che segue da giorni il caso sollevato dal Mattino, ha comunicato ieri la decisione del vescovo monsignor Mimmo Battaglia: quei quadri saranno sostituiti «per non turbare gli stessi fedeli disorientandoli con azioni che potrebbero anche lontanamente essere ricondotte ad una ambiguità tra vangelo e vita, per riaffermare il primato della coscienza, illuminata dalla fede, che ci invita ad amare la verità e la giustizia» e «per dare un inequivocabile esempio di incompatibilità tra i percorsi del Vangelo e quelli dell'iniquità a qualsiasi livello». Una presa di distanza netta, giunta dopo un attento esame della vicenda e accompagnata da un'altra disposizione: quei quadri saranno sostituiti da nuove immagini a stesso soggetto, «perchè la fede continui a camminare coi cuori e le gambe di chi nutre queste sane devozioni». Dunque nella chiesa curata da don Salvatore Trionfo si continuerà a pregare davanti a Santa Rita e alla Madonna del Rosario di Pompei, ma senza che nulla più possa richiamare alla mente altri pensieri. E don Salvatore? Il decano dei parroci di Marano, don Ciro Russo, che nei giorni scorsi era stato chiamato a Napoli per un colloquio con le massime autorità ecclesiastiche, si affretta ad assicurare: «È un bravo sacerdote, una brava persona». E ancora: «Non sono un assiduo frequentatore di quella chiesa e nemmeno io mi ero accorto della presenza di quelle targhe e di quei quadri». Insomma, per lui nessun provvedimento in vista. 

Ieri è sceso in campo anche il deputato Andrea Caso, originario di Marano, componente della Commissione nazionale antimafia, secondo il quale quei quadri - da oltre 40 anni affissi alle pareti della piccola chiesa ubicata a pochi passi dalla tenuta dei Nuvoletta - sono un simbolo del potere mafioso, un segnale che il clan di Marano ha lanciato a suo tempo alla città. «Sappiamo bene - argomenta - come la criminalità organizzata sfrutti la fede per accreditarsi e per continuare a esercitare il proprio potere sul territorio. Quelle targhe, che leggo essere lì da tantissimi anni, sono a mio modo di vedere un chiaro segnale lanciato dal clan. E questo non può essere tollerato, non può essere accettato nel 2021. Devono essere rimosse al più presto, senza se e senza ma. Lo dobbiamo a Giancarlo Siani, a tutte le vittime innocenti di camorra e a tutti i cittadini onesti di Marano». 

Un altro parlamentare, Antonio Del Monaco, componente della Commissione di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, ha fatto ieri tappa in città, recandosi sia nella chiesa dove sono custoditi i due quadri che negli uffici della locale Compagnia dei carabinieri. «Ha visitato la chiesa e abbiamo scambiato alcune battute», conferma don Salvatore Trionfo. L'anziano sacerdote, finito negli ultimi giorni nell'occhio del ciclone, ha preannunciato che nelle prossime ore si recherà presso gli uffici dell'Arma di Marano: «Spiegherò - dice - il mio punto di vista e parlerò del caso anche al comandante dei carabinieri Gabriele Lo Conte». A Marano, intanto, c'è chi ricorda un precedente di qualche anno fa. Correva l'anno 2016 quando, sempre in seguito a un'inchiesta giornalistica, fu rimossa una statua raffigurante la Madonna. Era stata installata dalla ditta Eredi Cesarano, impresa per anni leader del settore delle onoranze funebri, in un'aiuola che il Comune di Marano aveva dato in concessione. Lo spazio pubblico, in cui era stata installata la statua della Vergine, era situata a pochi metri dalla chiesa di Maria Santissima della Cintura e della Consolazione, anche in quel caso insomma a un tiro di schioppo dalla roccaforte dei Nuvoletta. Ai piedi della statua erano ben visibili (su una targhetta commemorativa) i nomi del defunto sindaco Raffaele Credentino e di Ciro Cesarano, padre di Alfonso e Attilio, tutti invischiati in diverse inchieste e procedimenti giudiziari con i clan Nuvoletta e Polverino. 

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Il Mattino