Carabiniere e vigilante morti, il pirata scambiava messaggi correndo in Statale a 150 all’ora

Carabiniere e vigilante morti, il pirata scambiava messaggi correndo in Statale a 150 all’ora
Quel terribile venerdì sera la Golf nera guidata da Carmine Sannino, il 26enne di Sant’Antimo che ha falciato l’appuntato scelto dei carabinieri Vincenzo...

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Quel terribile venerdì sera la Golf nera guidata da Carmine Sannino, il 26enne di Sant’Antimo che ha falciato l’appuntato scelto dei carabinieri Vincenzo Ottaviano e il vigilante Benigno De Gennaro ed ha ridotto in fin di vita il vice brigadiere Attilio Picoco, era lanciata a 150 chilometri orari su una strada a scorrimento veloce dove il limite di velocità è fissato a 80. La frenata, lunga 18 metri, è servita a ben poco: il tremendo impatto con i tre uomini, che in piedi sulla carreggiata stavano completando i rilievi di un tamponamento, è avvenuto quando il tachimetro segnava 130 chilometri, come risulta dall’esame della scatola nera installata sulla Golf. Ma non è questo l’unico dato sconvolgente che sta emergendo dalle indagini. Dall’esame del telefonino del giovane, sequestrato immediatamente dopo l’incidente, è risultato che era in atto l’utilizzo di un’app di messaggistica tra le 23.00 e le 23.07, esattamente l’orario dell’impatto rilevato dalla centrale operativa dell’aliquota radiomobile e riscontrato con la chiamata alla centrale del 118 e quella dei Vigili del fuoco. Sannino dunque ha sicuramente violato le norme sulla disciplina della circolazione stradale, eppure è indagato per omicidio colposo in stato di libertà. Non è escluso però che l’accusa possa cambiare al termine delle indagini, in particolare dopo la verifica dei tabulati del traffico telefonico, sia di fonia che dei dati.


LA DISTRAZIONE
Le indagini, condotte dalla sezione di pg della Polizia Stradale di Nola e coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Nola, diretta da Anna Maria Lucchetta e affidate al sostituto Martina Salvati, tendono a verificare con esattezza se il giovane abbia non solo letto ma anche risposto ai messaggi arrivati sul suo smartphone subito prima dell’impatto. Se insomma si è distratto alla guida senza rendersi conto delle due auto dei carabinieri ferme al centro della carreggiata. A una velocità di 150 chilometri, se concentrati sul cellulare, soprattutto di sera, controllare l’auto è praticamente impossibile. E infatti la Golf ha cominciato la frenata solo dopo aver superato le due auto dei militari, ferme con i segnalatori luminosi accesi al centro della carreggiata. Diciotto metri di una frenata che non ha impedito di travolgere i due carabinieri e il vigilante in uno spazio di poco più di tre metri. La corsa si è arrestata solo dopo l’impatto con il carro attrezzi e il guardrail.

 

IL RISERBO

C’e stretto riserbo sullo stato delle indagini da parte dell’ufficio diretto dal procuratore Lucchetta, presente ai funerali domenica pomeriggio al fianco del comandante generale dell’Arma Nistri, del ministro della difesa Trenta, del prefetto di Napoli Pagano e del questore De Iesu. Sembra abbastanza scontato, visto che le vittime sono state due, che l’ipotesi di reato possa tramutarsi in omicidio stradale plurimo, che prevede pene da due a sette anni di carcere. Domenica a Roccarainola, il piccolo centro del Nolano dove viveva l’appuntato Ottaviano e dove si sono svolti i funerali, in molti si chiedevano perché non fosse stata emessa ordinanza restrittiva nei confronti del 26enne. La risposta è che non c’è stata omissione di soccorso né fuga. Né il 26enne è risultato positivo dell’alcol test e alle analisi tossicologiche. E non è considerata una dipendenza, purtroppo, quella che lega sempre più le persone al proprio smartphone.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino