Il Golfo è ingolfato. I numeri forniti dall'Associazione Nautica Regionale Campania (Anrc), che parlano di «oltre 2800 barche ormeggiate nel mare di Napoli in...
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L'ormeggio non autorizzato è ovunque, basta guardarsi intorno in riva al mare. «Sulle spiagge o in prossimità delle spiagge - ha spiegato nei giorni scorsi al Mattino l'Autorità Portuale, competente solo sulla parte a terra - non è consentita la sosta prolungata delle imbarcazioni. E nemmeno al di qua dei baffi della scogliera sul Lungomare». E invece Rotonda Diaz spesso e volentieri diventa un labirinto di gommoni e motoscafi, tanto che i bagnanti, per muoversi in acqua, hanno imparato il twist tra poppe e prue. Stesso discorso vale per le due spiagge di via Caracciolo: la prima è un puzzle di barche. La seconda (davanti agli chalet) è un lido di scafi e discariche. Problemi di traffico e navigazione - segnalati da Nautica Campania - anche al molo Luise.
Una barca autorizzata paga circa «6mila euro» per ormeggiare nei 120 giorni estivi, secondo i dati Anrc. Una barca non autorizzata ne paga «la metà per lo stesso lasso di tempo». E tutto in nero, o quasi. Considerando che le barche abusive sono più di 2800 nel Golfo, si arriva più o meno a 9 milioni di mancato indotto. «Sequestrare i campi boa non autorizzati e inficiare azioni di guadagno irregolare è indispensabile - prosegue Amato - Ma le strutture esistenti sono fatiscenti: burocrazia e regolamenti superati impediscono di poterli ammodernare persino a spese proprie. Napoli non dialoga col mare: la città non ha un salone nautico in mare e il nostro progetto è fermo da anni. I numeri parlano da soli: le barche dei napoletani e dei residenti nella sola provincia partenopea sono poco più di 5mila a fronte dei posti disponibili regolari pari a 2.200. Gli altri 2800 circa hanno trovato il modo di ormeggiare le barche nel Golfo di Napoli in maniere alternative e non regolamentate. Ognuna di quelle 20 barche solitamente produce una ricchezza media giornaliera di 10mila euro, tra benzina e servizi: tutti soldi che affondano senza generare ricchezza per il territorio. La soluzione non sarebbe così difficile: negli anni '80-'90 esistevano i pontili galleggianti temporanei. Tornare indietro non sempre significa peggiorare e in questo modo molte famiglie di storici ormeggiatori troverebbero un lavoro stagionale migliore». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino