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Se il candidato non ha alle spalle l'organizzazione fidelizzata pentastallata o se non è un platform leader in erba, quindi non è un Salvini o un Conte in sedicesimi, allora diventa assai arduo candidarsi a sindaco, così come a consigliere comunale da Napoli a Benevento, e giocarsi una chance di vittoria senza dirottare una parte consistente dei suoi investimenti pubblicitari sull'online e, in particolare, nelle sponsorizzazioni dei post social che vengono pubblicati su Facebook e Instagram. Insomma, per aggiornare un vecchio detto, ancora oggi senza soldi non si cantano messe, almeno quelle che il candidato e il suo staff intendono celebrare e viralizzare sui social network.
Del resto, è sufficiente citare qualche sintetico dato delle passate elezioni regionali per comprendere perché, negli ultimi trenta giorni i candidati a sindaco di Napoli hanno scelto la strada delle sponsorizzazioni per raggiungere con i loro contenuti politici i cittadini, ancora ampiamente assorbiti da altre priorità quotidiane. Da luglio a settembre dell'anno scorso, la platea dei 1.300 candidati al Consiglio regionale ha investito complessivamente 327.062 euro in post a pagamento, con il risultato niente affatto trascurabile che ben il 70% dei candidati eletti, quindi 32 neo consiglieri regionali compresi gli eletti del M5S, su 50 hanno investito almeno un euro della loro campagna sui social.
Mentre, a cinquanta giorni dal voto del 3 e 4 ottobre scorrendo la libreria delle inserzioni di Facebook è possibile registrare la distanza siderale che al momento separa Catello Maresca da tutti gli altri candidati sindaco. Con poco meno di 10mila euro investiti dal 13 luglio all'11 agosto, di cui circa 5mila solo nell'ultima settimana, Maresca ha innestato la quinta lasciandosi alle spalle la Clemente e Manfredi, mentre Bassolino che ha scelto di ritornare a comiziare nelle piazze e nelle periferie, non ha ancora speso nulla.
La strategia d'attacco adottata da Maresca, però se restiamo sulle metriche di vanità, sta dando i frutti sperati: da inizio luglio e fino alla prima metà di agosto, lo staff del candidato civico scelto dal centrodestra, ha sponsorizzato ben 39 diverse campagne e di queste la sola attualmente attiva, con un budget superiore ai 3.500 euro, è finalizzata alla raccolta di nuovi fan.
Dalla lettura degli insight delle inserzioni di Manfredi e di Maresca è interessante sottolineare, almeno in questa analisi, non tanto le scelte sugli obiettivi delle singole sponsorizzazioni, che possono essere raggruppati nella triplice soluzione della notorietà, della considerazione e della conversione, quanto una prima differenza di pubblico che i contenuti dell'uno e dell'altro riescono ad attrarre. Manfredi a differenza di Maresca, infatti, guadagna un'attenzione maggiore nelle fasce anagrafiche di pubblico dai 55 ai 64 e dai 65 anni in su. Questa differenza potrebbe rivelarsi determinante qualora i due dovessero poi arrivare al ballottaggio.
Alessandra Clemente, da qualche giorno dimessasi da assessore comunale, invece ha investito nell'ultimo mese appena 87 euro con tre campagne sponsorizzate, tutte al momento non attive e la principale, pianificata per il lancio del suo posizionamento #FareNapoli, dal 21 giugno al 21 luglio, è stata rimossa da Facebook per una violazione della policy aziendale di Menlo Park. L'unica donna in corsa per la poltrona più ambita di Palazzo San Giacomo, che raccoglie l'onere non facile della pesante eredità arancione quale lascito di Luigi de Magistris, rispetto ai due candidati uomini ha dalla sua l'attenzione di quella fetta di utenti tendenzialmente restii a interessarsi sui social ai contenuti politici, tantomeno a quelli elettorali.
Infatti, la Clemente è decisamente forte nella fascia di pubblico dai 25 ai 34 anni. Certo che non è possibile stabilire un nesso di causalità diretta tra il valore dell'investimento e il risultato ottenuto a urne chiuse, perché molto dipende anche dalla narrazione scelta, dalla capacità di social leadership del candidato, dal timing della comunicazione e dalla reputazione social e fisica. Però, è innegabile che i candidati che hanno compreso la necessità di dotarsi di una strategia social, sponsorizzazioni comprese, negli ultimi anni sono stati in qualche misura più performanti nella raccolta delle preferenze.
Il Mattino