Comune di Napoli, grana patrimonio: solo 20 milioni di incassi

Comune di Napoli, grana patrimonio: solo 20 milioni di incassi
Se i numeri hanno un senso, quelli inseriti nel Piano che il Comune deve sottoporre alla firma del governo guidato da Mario Draghi per incassare 1,3 miliardi quasi a fondo...

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Se i numeri hanno un senso, quelli inseriti nel Piano che il Comune deve sottoporre alla firma del governo guidato da Mario Draghi per incassare 1,3 miliardi quasi a fondo perduto, raccontano che sulla dismissione e valorizzazione del patrimonio immobiliare la strada è in salita. La partnership con Invimit - la società del Mef che si occupa del patrimonio degli enti pubblici - prosegue, tuttavia il Comune ha appostato per l'anno in corso alla voce alienazioni immobiliari 26 milioni. Che poi dovrebbero essere i proventi per la vendita della rete del gas, una procedura avviata dal almeno tre anni dalla passata amministrazione. Certo, nel Piano firmato dell'assessore al Bilancio Pier Paolo Baretta si fa riferimento a «stime prudenziali», tuttavia colpisce un dato così basso e senza nessuna casa venduta per il 2022. Il Piano arriva fino al 2042 e per quell'epoca le previsioni di incasso sono di 36 milioni. Che arrivano a 73 sommando però ipotetici recuperi dai canoni di locazione e dai fitti passivi. Le cose possono cambiare e i bilanci aggiornati, è nella natura di tutte le aziende anche quelle pubbliche come il Comune. Resta il tema di fondo che il patrimonio è un grosso problema anche per l'amministrazione guidata da Gaetano Manfredi. Lo è stato per Rosa Russo Iervolino a partire dal 2000 e fino al 2010. L'ex ministro dell'Interno è stata la prima a varare una politica di dismissione fino a immaginare di regalare gli immobili Erp a chi ne abitava uno con regolare titolo. Un tormento la vendita del patrimonio per Luigi de Magistris dal 2011 al 2021. Inserita nel piano di risanamento del debito per uscire dal predissesto, l'amministrazione arancione è arrivata a fare aste per 60 milioni regolarmente andate deserte. Una maledizione che sembra colpire anche l'amministrazione a guida Manfredi. Insediatosi - va ricordato - da pochi mesi e quindi ha tutto il tempo di meditare eventuali piani alternativi. 

Nella relazione firmata da Baretta è scritto testualmente che «prosegue la collaborazione per la creazione del fondo Napoli». Un cruccio per l'assessore veneziano perché in Invimit ci sono fondi dedicati ad altre grandi città appunto come Venezia e Roma, ma manca Napoli. Tuttavia dopo un paio di mesi di interlocuzioni con Invimit, dalle parti del Mef non hanno ancora le idee chiare. Ci sono 600 cespiti che Invimit ha ritenuto di scremare dalle migliaia di proprietà del Comune. Un potenziale che oscilla tra i 300 e i 400 milioni. Da questi sarebbe dovuto venire un pacchetto di cespiti sicuri da piazzare sul mercato. E anticipare il 30% della somma a Palazzo San Giacomo. Ma l'affare non decolla perché in quel dossier nelle mani dei tecnici Invimit c'è l'elenco dei cespiti e anche le loro problematiche, ci saranno pure case appetibili, immobili commerciali potenzialmente interessanti per il mercato ma c'è qualcosa che frena l'operazione. E stando a quello che si capisce di questa intricata materia, i dubbi sulle vendite derivano dai 40mila condoni pendenti e non risolti, da case collocate in zone paesaggistiche con annesso abuso e immobili vincolati. La sostanza è che alla fine è difficile vendere il patrimonio del Comune perché ingessato. Di qui la frenata anche di Baretta che è andato sul sicuro: a bilancio ha messo solo la vendita della rete del gas. 

A oggi Baretta ha inquadrato così la situazione: 26 milioni da incassare entro l'anno, altri 10 nel 2024. Nello stesso anno sono stati ipotizzato altri 5 milioni alla voce Conferimento immobili a fondi e qui c'entra Invimit. Toccherà ai tecnici di quell'azienda attirare a Napoli grandi fondazioni - questo il progetto - che dovrebbero investire sul patrimonio storico restaurandolo ed eleggendolo a loro base lasciando la proprietà a Palazzo San Giacomo. Un progetto ambizioso e a lungo termine che strategicamente significa una sola cosa: non si vende entro l'anno e l'Irpef aumenterà di sicuro nel 2023. 

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Il Mattino