La nuova perizia depositata al processo d’appello apre a un nuovo confronto sulla qualificazione del reato che viene contestato all’imputato Aniello Mormile, il...
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«Il tasso alcolemico - spiegano i penalisti Stefano Montone e Gaetano Porto del collegio difensivo di Mormile - al momento dell'incidente era di 2,16. Il che colloca il giovane, secondo le tabelle formulate nel rispetto delle leggi scientifiche di copertura, in una condizione oscillante tra il “frastornamento” (che è condizione clinica cui sono ricollegati, tra l’altro, effetti di percezione sensoriale molto ridotta e difficoltà di coordinamento motorio) e lo “stato confusionale” (che è condizione clinica caratterizzata da stato letargico, confusione mentale, riduzione delle percezioni sensoriali)». E replicano così all’ipotesi di una condizione di “non ubriachezza” e alla tesi secondo cui Mormile sarebbe stato lucido al momento dell'incidente che costò la vita a Livia Barbato, la fidanzata del trentenne, e Aniello Miranda, che era alla guida dell’auto coinvolta nel terribile frontale. Una tesi che è stata alla base della sentenza di condanna in primo grado. Secondo la difesa, dunque, «quello che non si potrà più sostenere è proprio che Mormile, al momento dell'incidente, fosse compiutamente lucido, consapevole, non ubriaco: il tasso alcolemico fissato al valore di 2,16 è un dato di valenza scientifica non aggirabile». E sarà questa la questione principale al centro del processo d’appello che da domani entrerà nel vivo. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino