«Noi, i dannati della variante inglese, ​vi diciamo: non uscite di casa»

«Noi, i dannati della variante inglese, vi diciamo: non uscite di casa»
«Noi dannati della variante inglese vi diciamo che è meglio restare a casa, distanziati e protetti, fino alla vaccinazione che rischiare di prendere il Covid o peggio...

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«Noi dannati della variante inglese vi diciamo che è meglio restare a casa, distanziati e protetti, fino alla vaccinazione che rischiare di prendere il Covid o peggio la variante inglese». Sono i ricoverati del Cotugno alle prese con la forma mutata del Coronavirus. Luca 33 anni, avvocato, della provincia di Napoli, si è contagiato sul lavoro. Compare la febbre e il tampone richiesto dal medico è positivo. La moglie si trasferisce in un bed & breakfast e lo raggiunge solo per portare il cane a spasso. Ma la febbre non passa, compare la tosse. Con riluttanza decide di andare in ospedale. Alla Tac, in pronto soccorso, al Cotugno la diagnosi di polmonite bilaterale. «Non me lo aspettavo - credevo che mi passasse - spiega con un filo di voce - respiravo male. Sto facendo lunghe infusioni di antivirali, cortisone, eparina e altri farmaci. Sto leggermente meglio e anche la febbre è scesa ma oggi è ritornata». L’andamento anomalo ha spinto i sanitari del Cotugno a inserire la scheda di Luca tra quella da screenare per la variante inglese. Il responso arriva dal sequenziamento effettuato dal laboratorio del Monaldi diretto da Luigi Atripaldi che partecipa con il Tigen e l’istituto Zooprofilattico al piano di sorveglianza sanitaria della variante britannica promosso dalla Regione sotto l’egida dell’Istituto superiore di sanità. Su 90 tamponi sottoposti a controllo sono decine di casi di variante inglese alcuni ricoverati al Cotigno altri in altri presidi della città, altri ancora in isolamento domiciliare. 

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Nel reparto di terapia sub intensiva diretto da Giuseppe Fiorentino al Cotugno i malati identificati con la variante inglese sono finora cinque, in due non ce l’hanno fatta. Forme critiche di polmoniti bilaterali che se non si è sani aumentano il rischio di esito infausto. Il quadro si caratterizza spesso con un repentino aggravamento anche nella fascia di età dai 50 ai 60 anni e con caratteri di maggiore contagiosità nel nucleo familiare. Il paziente 1 del reparto ha 65 anni, è un imprenditore e accusa i primi sintomi dell’infezione agli inizi di febbraio. «Sono restato a casa alcuni giorni con febbre e dispnea. Quando l’insufficienza respiratoria mi ha tolto il sonno sono venuto qui. Ho saputo solo allora di avere una brutta polmonite bilaterale - spiega al telefono in uno dei rari momenti in cui non è staccato alla maschera di Venturi che gli eroga ossigeno ad alti flussi - era l’8 febbraio. Mi sono contagiato in famiglia. L’hanno preso tutti e hanno i sintomi ma solo io sto messo male». Di base il paziente ha solo un’ipertensione ma sta lottando con la malattia.

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Il paziente 2 è un uomo di 42 anni, sano, straniero. Si ammala agli inizi di febbraio e per otto giorni resta a casa. Poi i familiari lo convincono chiama il 118 e giunge al pronto soccorso del Cotugno. Ora è sotto ossigeno e alterna la maschera di Venturi al casco. Sembra migliorare e poi di nuovo peggiora. Riesce a dire poche parole: «Vorrei essere fuori per riabbracciare la mia famiglia». I medici del reparto dicono che è stabile. Altri casi meno gravi sono ricoverati nel reparto diretto da Rodolfo Punzi: sono più giovani, sani e con quadri clinici meno complessi. Uno ha 27 anni, e poi altri due, un uomo e una donna di mezza età. «È meglio restare a casa qualche giorno in più che finire da soli in ospedale con un virus invisibile che ti colpisce a tradimento senza sapere bene come - spiega Mario, il più giovane». Il dottore di guardia fa da tramite entrando nella stanza degli altri due per controllare le spalle e lo stato generale: «Mi sono sempre protetto con la mascherina ma non è bastato - aggiunge Arturo 44 anni, docente, a volte l’ho forse rho maneggiata male per via degli occhiali. Sono vivo ma mi sento a pezzi». Lo screening per la variante inglese è in corso al Cotugno e anche in altri Covid center della città e il controllo scatta ogni volta che si osserva un andamento anomalo: degenze troppo lunghe, alte cariche virali, tendenza a un maggiore danneggiamento polmonare, contagi diffusi in famiglia: tutti elementi distintivi di questa forma virale mutata. 

 
 

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Il Mattino