Crac azienda, polveriera Campania: «In due anni persi ottomila posti»

Crac azienda, polveriera Campania: «In due anni persi ottomila posti»
Sonia Palmeri, assessore regionale al Lavoro, non ha dubbi: «Questa evidente escalation di procedure di licenziamento annunciate o già definite dalle aziende...

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Sonia Palmeri, assessore regionale al Lavoro, non ha dubbi: «Questa evidente escalation di procedure di licenziamento annunciate o già definite dalle aziende multinazionali, specialmente nella grande distribuzione commerciale, punta a sfruttare il momento di sbandamento della politica dopo il risultato elettorale», dice. E i numeri di quella che per molti aspetti rischia di ridiventare la «polveriera Campania», con tensioni sociali alle stelle che sembravano quasi dimenticate e inevitabili ricadute sul tessuto socio-economico del territorio, sembrano darle ragione.


Perché se è vero che è la vertenza dei dipendenti Tim a tenere banco in questi giorni, con il piano di ridimensionamento aziendale che prevede più di 3mila cassintegrati nella regione sul totale nazionale di quasi 30mila, è altrettanto vero che segnali preoccupanti arrivano ormai quotidianamente da molti altri settori produttivi. A cominciare dalle società della grande distribuzione commerciale appunto, dove i posti a rischio adesso sono già quasi 400 ma si teme che a fine anno possano aumentare, e dal manifatturiero dove una sola azienda come la Jabil Circuit di Marcianise con i suoi 840 addetti rischia di pesare sul piano occupazionale più di tutte se non si troveranno soluzioni in grado di garantire la proroga degli ammortizzatori sociali. Ma scricchiolii tutt'altro che trascurabili si avvertono in molti comparti produttivi, anche di alta qualificazione tecnologica per non parlare della condizione di crisi che da tempo attanaglia settori-chiave per l'economia regionale come l'edilizia, al netto delle contestate nuove norme del codice degli appalti. Lentamente sembra riemergere uno scenario difficile che la ripresina in atto sembrava aver efficacemente contrastato o quanto meno ridimensionato: evidentemente non è così anche se restano innegabili i miglioramenti che proprio dal manifatturiero campano sono emersi con forza lo scorso anno (+3,4% di crescita, un primato nazionale). Di sicuro la mappa delle criticità non risparmia nessuna provincia.
 
Le Tlc
La vertenza Tim, con l'azienda che annuncia dodici mesi di cassa integrazione o 4.500 licenziamenti nell'ambito di un processo di risanamento organizzativo e di trasformazione, non è di fatto ancora decollata. Il primo faccia a faccia tra azienda e sindacati al tavolo del ministero dello Sviluppo si è chiuso con un nulla di fatto. Le sigle ricordano che i nodi da tempo sul tappeto per il riassetto dell'azienda, a cominciare dallo scorporo della rete e dal taglio lineare dei costi dei fornitori, «non possono essere risolti nei 25 giorni previsti dalle procedure per la cig», osserva il segretario nazionale dell'Ugl Conti. Di sicuro la «grana» sarà la prima in assoluto di cui il nuovo ministro dello Sviluppo dovrà occuparsi. Per inciso, il peso degli eventuali cassintegrati sull'organico degli attuali dipendenti Tim in Campania supera il 65%.

La grande distribuzione
È il comparto dove i problemi di carattere occupazionale sono esplosi già da tempo in maniera drammatica. «Parliamo di 400 persone già licenziate o in procinto di esserlo», dice Gennaro Strazzullo, segretario della Uiltucs da anni impegnato su questo fronte dove la stabilità dei posti di lavoro non riesce a diventare quasi mai una costante. Il Carrefour del Centro Campania di Marcianise, in provincia di Caserta, chiuderà il 30 giugno; l'Auchan di via Argine a Napoli non garantisce il futuro a 70 dei 138 addetti; l'Ipercoop di Afragola vive la stessa incertezza. «Ma l'elenco - aggiunge il sindacalista - rischia di aumentare drammaticamente a fine anno quando bisognerà ridiscutere gli ammortizzatori sociali in scadenza. La verità è che c'è ancora pochissima vigilanza sui passaggi delle licenze commerciali. E che si continuano ad aprire centri della grande distribuzione senza raziocinio alcuno: ce ne sono troppi, bisogna finalmente prenderne atto». Il guaio è che quando si decide di chiudere o di ridimensionare l'attività, non ci sono garanzie sufficienti per i lavoratori: la media degli addetti in Campania è compresa nella fascia di età tra i 30 e i 50 anni, il che vuol dire che sono troppo giovani per andare in pensione o poco anziani per essere ricollocati. «Per non parlare dei contratti pirata cui continuano a ricorrere molte società - incalza Strazzullo - siamo in presenza di un vero e proprio dumping contrattuale che incide moltissimo sul settore».

L'industria
Il caso Jabil (elettronica industriale) è il più eclatante. A fine mese in un tavolo ministeriale già convocato qualche giorno prima ma slittato forse anche nella speranza che il governo «gialloverde» riuscisse a insediarsi, si dovrebbe decidere il futuro degli accordi che dovevano garantire la ripresa e il riassorbimento completo dei circa 800 lavoratori. In realtà, dicono i sindacati metalmeccanici casertani, le prospettive dell'impianto, un tempo Ericsson, sembrano precipitare ogni giorno: calo di commesse, nessun nuovo partner all'orizzonte. E il 23 settembre prossimo cesseranno anche gli ammortizzatori sociali: l'incubo dei licenziamenti aleggia come non mai sul futuro dell'azienda.

Call center
Anche per i 60 lavoratori di Pozzuoli della Comdata, un'importante azienda di call center che ha annunciato il loro licenziamento (e quello dei colleghi della sede di Padova per un totale di 264 unità) con la contemporanea chiusura del sito sono giorni drammatici. «Una scelta che guarda solo al profitto» ha tuonato il segretario generale della Cgil Susanna Camusso, ma contro la quale al momento non è stato possibile avviare un confronto con soluzioni alternative. I lavoratori hanno manifestato pochi giorni fa alla Regione, con loro anche i dipendenti Auchan di via Argine, all'insegna di una solidarietà che non è affatto secondaria perché salda settori diversi sul piano occupazionale ma uniti di fronte al rischio di una nuova, pesante precarietà occupazionale. L'aspetto forse più paradossale è che proprio in Campania, grazie alla testardaggine dell'assessore regionale al Lavoro, si è riusciti a scongiurare il peggio per i lavoratori di Almaviva ai quali è stata garantita la continuità occupazionale: «Noi siamo impegnatissimi ad evitare che la situazione di questa e di altre vertenze precipiti. Va però ricordato ai tanti che non lo sanno che i limiti di intervento della Regione non sono infiniti: spesso ad esempio ci troviamo di fronte ad annunci di tagli di dipendenti per riorganizzazioni di personale e a successive trattative con i sindacati che avvengono al di fuori del percorso di confronto con la Regione. E non possiamo che prenderne atto».
L'agroalimentare. Preoccupazione anche tra i 67 dipendenti dello stabilimento «La Doria» di Acerra che ha annunciato la chiusura del sito. Si tratta di una delle realtà più importanti dell'agroalimentare al punto che il caso è già finito all'attenzione del Parlamento e del nuovo ministro per lo Sviluppo con una serie di interrogazioni provenienti dalla Campania.

Le piccole e medie imprese

Che la «polveriera Campania» sia in fermento lo dimostrano del resto altre vertenze solo apparentemente più marginali. Come quella delle «Fonderie Pisano» a Salerno, considerata da molti una sorta di «piccola Ilva» con emergenze ambientali e occupazionali da equilibrare, e incognite sul futuro dei circa 80 dipendenti. O quella dei marittimi della ex Caremar che preannunciano una serie di iniziative per rivendicare diritti non riconosciuti. Ma ci sono anche i problemi in gran parte irrisolti delle pmi dell'edilizia che scontano un'uscita lentissima dalla dura crisi del loro comparto. Sul piano occupazionale i danni sono stati ingenti: secondo la Fillea Cgil si sono persi quasi 8mila posti di lavoro nel biennio 2016-2017 e la perdurante stasi di nuovi appalti, provocata secondo i costruttori dalla rigidità eccessiva delle nuove norme del Codice in materia, non lascia presagire un ritorno a valori più accettabili in tempi brevi. È la spia di un contesto economico-imprenditoriale che cerca di rialzare la testa ma non sembra ancora dotato della necessaria fiducia per scommettere e quindi investire sul futuro: lo dimostra il fato che dei nuovi contratti di assunzione previsti dal jobs act sono ancora quelli a tempo determinato a fare la parte del leone. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino