Memoria storica addio, Diego Guida non nasconde amarezza. Lui, classe 1962, amministratore di Guida Editori, presidente del gruppo piccoli editori dell'Aie e discendente della...
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Che effetto le fa sapere che la libreria della sua famiglia è abbandonata da anni?
«Non possiamo permettere, e lo dico senza interessi personali nei locali, che un tempio della cultura così importante per tutto il Paese cada in pezzi in questo modo. Sono molto, molto amareggiato: in quei luoghi ho trascorso la mia infanzia, la mia adolescenza, e ho imparato dai grandi della cultura tutto quello che so della mia attuale professione di editore».
Cosa era la Saletta Rossa...
«Un luogo prezioso. Ho la mia personale classifica dei ricordi più belli. Il primo risale al 1988: Giulio Andreotti e Giorgio Napolitano ebbero un bell'alterco politico in Saletta Rossa. Poi la serata con Gianni Minà e il figlio di Che Guevara: c'era tanta di quella gente che ci spostammo al Modernissimo, oppure la visita di Massimo Inardi, che era il campione di Rischiatutto. Per non parlare dei dibattiti con Edoardo Sanguineti, Umberto Eco, Pasolini, De Sica, Fernanda Pivano. E poi di Kerouac, che venne a parlare in Saletta di On The Road, il libro scandalo della bit generation. Inoltre, sono ancora affezionato ad Achille Bonito Oliva, che ricorda in tutte le interviste di quando, da architetto giovane e povero in canna, creò in Saletta Rossa una serie di dibattiti artistici. Oggi, diventato uno dei più grandi critici internazionali, lui ringrazia di continuo l'ex libreria Guida senza il cui appoggio la sua carriera avrebbe potuto prendere una piega diversa».
Secondo lei come mai, pur essendo calato il prezzo (da 3 milioni nel 2013 a 1,3 milioni oggi), le aste per vendere i locali sono andate deserte?
«Per sbloccare le cose bisogna lavorare sul vincolo. Quando, nel 1983, l'allora Mibac vincolò i locali Guida, lo stesso accadde ad altre 10 librerie in Italia, in base a una legge di epoca fascista che prevedeva un vincolo di destinazione d'uso per i luoghi di particolare interesse culturale. Il caffè Greco a Roma o l'Harris di Venezia, per esempio, hanno lo stesso vincolo di Guida dall'83. Anche le Giubbe Rosse di Firenze, un bar che attualmente fa presentazioni di libri. Il vincolo di Guida, e qui mi rivolgo sia ai curatori fallimentari che al Comune, non impone quindi necessariamente la nascita di una libreria. Un bar, un negozio d'abbigliamento, o un'altra attività andrebbero bene, purché ci sia una commercializzazione di libri. Sto pensando, per dirne una, alla Coop di Bologna: un grande contenitore di libri, attività culturali, bar, ristoranti e supermercato. In ogni caso, 7 dei 10 vincoli dell'83 furono impugnati dai proprietari degli immobili, i quali sostenevano che il vincolo avrebbe limitato gli spazi e le relative attività imprenditoriali. Tre dei 7 vincoli sono venuti meno, tra cui quello della libreria Signorelli di Roma. Noi stessi, io ero ragazzino, presentammo una diffida sul vincolo all'inizio del 1984. Poi però non se ne fece più nulla».
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Il Mattino