È domenica 31 marzo, nella notte è stata reintrodotta l'ora legale, s'è dormito un'ora in meno e tutti sono un po' frastornati. Quel giorno,...
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Quella deliberazione viene approvata, all'unanimità dai presenti. Per quella riunione ci sono davvero tutti, nessun assente: undici mani alzate e voto favorevole alla proposta al Consiglio del piano di valorizzazione e dismissione. È fatta, quel documento può proseguire la sua strada.
La deliberazione prevede che si mettano in vendita un bel po' di cespiti fra i quali nove caserme di polizia e carabinieri, un palazzo storico e colmo di beni artistici, Palazzo Tirone ai Quartieri che ospita l'istituto comprensivo Vittorio Emanuele-Baracca e poi ci sono due pezzi pregiati: il Lido Pola a Nisida e l'ex carcere Filangieri. Il fatto che questi due ultimi luoghi siano affidati ai Centri Sociali e considerati «bene comune» non viene preso in considerazione da nessuno degli undici amministratori riuniti nella domenica in cui è entrata in vigore l'ora legale i quali non hanno avuto tentennamenti a votare, compatti, per la messa in vendita del blocco intero di proprietà comunali.
La notizia è stata portata alla luce ieri mattina dal nostro giornale. Abbiamo raccontato nel dettaglio quel documento e abbiamo posto l'accento proprio sulla questione dei beni comuni messi in vendita e sull'imminente sfratto da consegnare allo «Scugnizzo Liberato» che ha occupato l'ex carcere Filangieri e a «Bancarotta 2.0» che invece occupa gli spazi del Lido Pola.
Solo dopo aver dato uno sguardo al nostro giornale gli amministratori della città di Napoli si sono resi conto di quel che avevano votato all'unanimità. Ci hanno messo la faccia tre assessori, Alessandra Clemente, Enrico Panini e Carmine Piscopo che si sono aggregati in un unico, scarno messaggio inviato da Palazzo San Giacomo per chiarire la vicenda: «In riferimento alle notizie apparse circa la messa in vendita di alcuni beni immobili, come l'ex carcere Filangieri e il Lido Pola, l'amministrazione comunale, attraverso gli assessori Piscopo, Clemente e Panini, ribadisce che trattandosi di beni comuni non possono essere alienati. Quello che era stato scritto nella scheda tecnica è finanche impensabile per la nostra amministrazione. Si è trattato solo di un errore nella compilazione dell'elenco da parte degli uffici che sarà immediatamente rettificato. Napoli è e sarà sempre di più la città dei beni comuni e della valorizzazione del patrimonio comunale».
C'è un dettaglio in questa nota, dopo aver votato all'unanimità di mettere vendita un paio di beni comuni, l'amministrazione «ribadisce che non possono essere alienati». Non c'è molto da «ribadire» in questi casi, i documenti parlano chiaro li hanno piazzati sul mercato: magari per errore, magari perché era appena tornata in vigore l'ora legale e tutti avevano un'ora di sonno in meno sulle spalle.
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Il Mattino