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«Stanno uccidendo Napoli. La sta uccidendo la camorra e il malaffare, con la violenza e la crudeltà di coloro che hanno dimenticato di essere umani. Ora convertitevi. Il vostro Vescovo non si tirerà indietro nell'accogliere, e accompagnare, i passi della rinascita umana». È il grido di dolore lanciato da don Mimmo Battaglia di fronte all'ennesima aggressione della criminalità. Si spara ancora una volta a Ponticelli dove, in pochi giorni, sono state ammazzate due persone e ferite altre due. Rivalse e vendette trasversali, spaccio di droga e pizzo a oltranza: in meno di un anno, nell'area est della città, undici agguati. Da qui - a distanza di quasi trent'anni - la necessità del vescovo di Napoli di pronunciare quel convertitevi che il 9 maggio del 1993, nella Valle dei Templi di Agrigento, Giovanni Paolo II gridò agli uomini della mafia che insanguinavano la Sicilia.
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Prima l'appello, stanno uccidendo Napoli, poi l'identikit dei responsabili. E Battaglia non fa sconti: «La sta uccidendo l'indifferenza di coloro che si voltano dall'altra parte, credendo di poter stare tranquilli non immischiandosi e non prendendo posizione. La sta uccidendo la scarsa attenzione della politica, nazionale e locale, che ormai pare essersi abituata al sangue versato in terra partenopea, considerandola alla stregua di un paese in guerra». Non solo. «Perché Napoli la sta uccidendo anche ciascuno di noi, nella misura in cui fa finta di niente e dimentica che il presente e il futuro della nostra città dipendono dall'impegno di tutti». Le parole, dure e severe, di Battaglia risuonano nel vuoto di un dibattito che - anche nella recente campagna elettorale - sembra aver dimenticato il grande tema della camorra.
E mentre annuncia una visita a Ponticelli, domani sera alle 19, per incontrare i giovani del quartiere in una chiesa, e scambiare quattro chiacchiere con loro - e con don Federico Saporito, giovane decano del nono Decanato della diocesi di Napoli - don Mimmo si rivolge «a tutte le istituzioni, alla società civile, agli uomini e alle donne di buona volontà, alla mia Chiesa - aggiunge - a cui chiedo, oggi più che mai, di camminare insieme, superando l'individualismo e la diffidenza, lavorando uniti per restituire Napoli alla sua vocazione di città di pace, accoglienza, solidarietà».
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