Blindare i finanziamenti del decreto di liquidità, tracciare i 400 miliardi di euro che dovranno entrare nel circuito economico nazionale per risollevare il Paese dalla...
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Tutti d'accordo sulla necessità di seguire il flusso di denaro, di renderlo tracciabile (attraverso una seria e capillare autocertificazione), di conoscere i destinatari e di avere sempre una rendicontazione di cosa è stato realizzato con i sostegni statali. Diverso però è l'approccio iniziale tra la posizione del procuratore nazionale antimafia Cafiero De Raho e quello dei due procuratori. In sintesi, i capi delle Procure di Milano e Napoli chiedono di «distrettualizzare» le indagini, di accentrare nelle Procure distrettuali ogni genere di informazione di reato che possa servire a colpire un eventuale abuso sui finanziamenti messi in campo. In questo senso, il procuratore Greco ricorda l'importanza di creare canali processuali immediati (sistema inaugurato proprio a Milano) per trattare gli accertamenti sull'enorme massa di denaro pubblico che verrà messa in circolazione: «Bisogna agire in modo tempestivo, evitando interventi di altri uffici e di altre autorità - ha spiegato Greco -, evitando superfetazioni di organismi di controllo che rischierebbero di rallentare i nostri interventi». Dello stesso avviso il procuratore partenopeo Melillo, che ipotizza la creazione di un «codice rosso», una sorta di corsia privilegiata, come «per i reati di violenza domestica e di genere, per le segnalazioni di operazioni sospette, per assegnare priorità assoluta alla trattazione sia delle indagini che dei processi relativi ai più gravi abusi collegati alla dispersione di queste risorse; e può farlo stabilendo scansioni temporali precise, sia per lo svolgimento delle indagini che per lo svolgimento dei giudizi». Notizie di reato ad appannaggio delle Procure distrettuali - è dunque la richiesta dei capi delle Procure di Milano e Napoli -, interventi rapidi a colpire sul nascere la gestione scorretta dei finanziamenti pubblici.
A questo punto la parola è tornata al procuratore nazionale antimafia, che ricorda il ruolo del suo ufficio, quello di «coordinamento e di impulso» rispetto alle attività delle Procure (sul modello tracciato da Giovanni Falcone), senza pretendere di condividere informazioni riservate, di quelle ancora coperte da segreto istruttorio (ad esclusivo appannaggio dei Procuratori), «ma solo dati e informazioni ostensibili», legati cioè a processi già discoverati, che potrebbero entrare «in una piattaforma conoscitiva comune», utile a modulare gli interventi dello Stato per evitare che si disperdano risorse pubbliche.
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Altro punto su cui c'è stato confronto, ha riguardato l'attenzione da riservare ai prestiti sotto i 25mila euro. Per Greco, occorre concentrare lo sforzo delle Procure su i finanziamenti che superano la soglia dei 25mila euro, per evitare di disperdere l'attenzione investigativa in mille rivoli, anche alla luce degli altri strumenti che lo Stato può mettere in campo (specie sotto il profilo amministrativo) per colpire eventuali abusi; stesso approccio da parte del procuratore Melillo, per il quale «depenalizzare non significa sottrarre a una possibile sanzione». Diverso l'approccio del procuratore Cafiero De Raho: «Anche sotto soglia, parliamo di finanziamenti pubblici e non una briciola di questi soldi deve andare alle mafie. Tanti piccoli finanziamenti sono un mare di denaro pubblico e sappiamo tutti quanto le mafie si servano anche di piccole aziende per ultimare un processo di infiltrazione in interi settori economici». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino