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Sbriciolamenti continui, alluvioni storiche, disastri vecchi e sempre nuovi; allarmi, prevenzione, progetti, promesse, soldi mai spesi, mappe e perimetrazioni redatte e abbandonate nei cassetti. E poi, voti, elezioni e amministrazioni saltate come tappi di bottiglia. A Casamicciola, e il limite geografico è indicativo, il vortice della tragedia annunciata incalza le responsabilità stratificate, le opere mai realizzate, le grida perdute nel nulla. Le polemiche feroci, la lotta politica locale, sono instabili come i massi erratici, le pietre da decine di tonnellate che sono scivolate giù a mare come palle da bowling. Sono partite da una località dal nome che è un monito: «I Cantoni», lì in cima alla montagna.
L’allarme più potente, accorato e inascoltato, lo aveva lanciato all’inizio di ottobre l’ingegnere Giuseppe Conte, già sindaco del Comune termale. «Dal 2009 ad oggi – sostiene Conte - sono stati stanziati dei fondi e ci sono stati commissariamenti per il dissesto idrogeologico dell’isola d’Ischia e di Casamicciola. Che cosa si prevedeva? Tre milioni e centomila euro per i lavori al Cretaio, un milione e centomila euro per sistemare gli altri alvei, centottantamila euro per la pulizia degli stessi. Sono tutti fermi». Unica eccezione gli interventi da un milione e centomila euro appaltati dalla Città metropolitana nel 2018.
«Mi auguravo che cominciassero presto – aggiunge - perché a seguito della frana che ci fu alle Terme la Rita sono evidenti i pericoli per l’ospedale di Lacco Ameno, la scuola media e le case popolari. Ho ripetuto un’infinità di volte che ogni qualvolta c’è l’allerta meteo si dovrebbero prendere provvedimenti mirati». Nulla è stato fatto per mettere in sicurezza i cavoni che dalle colline hanno il compito di far defluire l’acqua piovana a valle.
Alle parole di Conte fa eco Lucilla Monti, la geologa di Casamicciola, la maggiore esperta del territorio. Nonostante sia in pensione dopo una vita professionale spesa in Regione, continua a prodigarsi per fornire sostegno ai tecnici. Le sue conoscenze sono cruciali: ha lavorato anche all’emergenza e al Piano di ricostruzione del dopo sisma del 2017. «Per Casamicciola sono stati stanziati fondi nazionali, regionali e della Città metropolitana di Napoli, nel corso degli ultimi anni, per una serie di interventi di diversa tipologia fermi al palo. Gli esempi negativi non mancano – conferma la geologa – e delineano uno scenario articolato. Il Comune era soggetto attuatore dei lavori di sistemazione di un tratto dell’alveo di Cava Pozzillo, per 95mila euro. Ma non è dato sapere perché non si sia fatto nulla. Analogamente c’era un progetto per la zona di La Rita, a cura della Città metropolitana, ma si è bloccato».
L’elenco potrebbe proseguire, ma è la realtà geomorfologica che va considerata con assoluto dettaglio, rispetto alle previsioni di interventi previsti sulla carta. «Il versante è denso di impluvi significativi che vanno da la Rita e Lacco Ameno, altri si concentrano verso Piazza Bagni: è una rete idrografica complessa. I grandi massi che si sono staccati dalla zona dei “Cantoni” sono esiti di antiche frane vulcanico tettoniche, e sono tutti in bilico sulla Cava del Celario e la Cava Sinigallia, le aree colpite la scorsa notte. Erano stati monitorati ampiamente». La storia non è stata maestra. La memoria torna al 1910, quando l’alluvione non devastò solo Casamicciola, fece danni enormi da Barano a Forio, dove seppellì la chiesa di Monterone.
Lucilla Monti analizza i fatti: «Dopo il 1910 sono stati messi in sicurezza gli alvei con opere faraoniche, perfette e realizzate in breve tempo. Sono ancora lì. Fino agli Anni ’60 la montagna è stata vissuta, sistemata, pulita periodicamente. Poi, più nulla. Cambiata l’economia, mutata la società locale. I sentieri sono spariti, le sponde degli alvei dilavate e le briglie monumentali che contenevano e riducevano la portata delle acque sono intasate, riempite, inutili. Dopo i fatti di Sarno del 1998 sono state istituite le autorità di bacino. E poi? Bisogna ripartire dalla programmazione seria».
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