Gettonopoli a Castellammare, dopo nove anni arrivano 19 condanne

Gettonopoli a Castellammare, dopo nove anni arrivano 19 condanne
I gettoni delle commissioni incassati anche quando erano assenti, con la complicità di chi prendeva la presenze. Un danno alle casse comunali di almeno 100mila euro. Ben 17...

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I gettoni delle commissioni incassati anche quando erano assenti, con la complicità di chi prendeva la presenze. Un danno alle casse comunali di almeno 100mila euro. Ben 17 ex consiglieri e due dipendenti sono stati condannati al termine dell'infinito processo «Gettonopoli», nato da un'inchiesta della guardia di finanza di Castellammare coordinata dalla Procura di Torre Annunziata, condotta in un'epoca dal 2005 al 2010 in cui l'amministrazione stabiese era guidata da Salvatore Vozza (non coinvolto nella vicenda), con le indagini coincise in parte anche con i momenti appena precedenti e successivi all'omicidio del consigliere Gino Tommasino. In cinque sono stati assolti perché il fatto non costituisce reato, mentre per un altro dipendente è stato disposto il non doversi procedere perché deceduto.

 
Dopo quasi nove anni, si chiude dunque il processo sullo scandalo dei gettoni delle commissioni consiliari di Palazzo Farnese, quando l'ingresso degli uffici comunali era presidiato dai finanzieri durante gli orari delle riunioni. Decine di volte i registri delle presenze non coincidevano con gli accessi al palazzo, e anziché essere al tavolo della commissione i consiglieri hanno ricostruito gli investigatori erano in giro o regolarmente al lavoro (alcuni a scuola o negli uffici pubblici). Ma percepivano anche l'indennizzo da 50 euro a presenza. Per questo motivo, il giudice Luca Della Ragione ha accolto le richieste di condanna avanzate dall'accusa per i reati di truffa ai danni dello Stato (per i consiglieri) e falso in atto pubblico (per i dipendenti indicati come segretari delle riunioni fantasma). Pena più elevata per Carlo Nastelli (2 anni e 8 mesi), fratello dell'attuale consigliere Giovanni. Due anni e mezzo, invece, per Ignazio Esposito e Vito Galasso, e per i due dipendenti comunali Giovanni Battista Vingiani e Giuseppe Cozzolino; un mese in meno per Francesco Castellano e Camilla Scala, due anni e tre mesi per Giuseppe Amato e due anni per il finanziere Lorenzo Esposito e Anna Scevola. Cadute alcune accuse per Annamaria Maiello (un anno e 11 mesi), assistita dall'avvocato Antonio de Martino. Era candidato alle ultime elezioni, invece, Domenico Cuomo (un anno e 9 mesi), un mese in meno a Domenico Ragone. Un anno e mezzo per Francesco d'Assisi Cascone, un anno e 5 mesi per Antonio Iovino. Cadute quasi tutte le accuse per Rosa Cuomo (un anno e 4 mesi, avvocato Antonino di Somma) e Ida Scarpato (un anno e 3 mesi, ancora avvocato de Martino). Infine, un anno e due mesi per Antonio Cinque e un anno e un mese per l'ex presidente del consiglio Amedeo Di Nardo. Tutti condannati con il beneficio della pena sospesa, ma dovranno risarcire in separata sede il Comune, che era costituito parte civile. Assolti, infine, Antonio Ricolo, Antonio Giaquinto, Nicola Di Martino, Biagio Di Ruocco e Nino Longobardi (avvocato Gennaro Somma).


«Sono stati quasi dieci anni di sofferenza racconta Longobardi, all'epoca capogruppo pd in una vicenda che mi pesava molto. Ho preferito defilarmi dall'attività politica e difendermi nel processo. L'ho vissuta male, ho rifiutato incarichi politici (con Pannullo) e candidature negli ultimi anni, ma alla fine ho ottenuto giustizia». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino