Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, il dramma di Lorenza: «Con lui 15 anni d'inferno ma ora sono libera»

«Tra due settimane mi laureo in Economia, poi mi iscrivo a Ingegneria: ricomincerò da dove avevo lasciato»

Il dramma di Lorenza P. - 35 anni
Ormai non perde più tempo a guardarsi indietro, se parla dell'inferno che ha dovuto attraversare lo fa soprattutto per dire alle altre che se ne può uscire:...

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Ormai non perde più tempo a guardarsi indietro, se parla dell'inferno che ha dovuto attraversare lo fa soprattutto per dire alle altre che se ne può uscire: quell'uomo di cui non pronuncia mai il nome le ha rubato 16 anni di vita e un figlio, e adesso Lorenza P. - 35 anni, casa nell'agro nocerino, ammessa al programma regionale Svolte sostenuto dai Centri antiviolenza - vuole solo riprendersi tutto. «Tra due settimane mi laureo in Economia, poi mi iscrivo a Ingegneria: ricomincerò da dove avevo lasciato».

Dove aveva lasciato?
«Frequentavo Ingegneria, appunto. Avevo 19 anni e un fidanzato che sembrava affettuoso, invece già mi condizionava: oggi dico che mi faceva violenza, allora non me ne rendevo conto».

E quindi, per compiacerlo, addio Università.
«Restai incinta, ci sposammo. Anni dopo, mi urlò che lo aveva fatto apposta, per costringermi a smettere di studiare».

Era geloso?
«Anche. Ma più che altro voleva il controllo totale su di me. E per farlo mi sminuiva, mi insultava, anche davanti agli altri».

E lei accettava.
«Per amore del bambino, e anche perché ero sola: la mia famiglia, contraria a questo matrimonio, mi teneva a distanza, così pensavo che fosse colpa mia. E soprattutto non avevo soldi. Lui mi aveva messo a lavorare nella sua azienda, ma gratis».

Quando sono cominciate le violenze fisiche?
«Quasi subito. Ogni volta che mi ribellavo alle sue imposizioni. Un occhio nero, i calci, i ricoveri in ospedale. Una volta ho rischiato la milza. Un'altra volta mi ha stretto una cintura alla gola, voleva strangolarmi».

E non ha mai denunciato?
«In ospedale mi dicevano ma è proprio sicura? È suo marito, sono accuse gravi. Credo che anche lì andrebbe fatta una formazione seria».

E dove altro?
«I carabinieri, quando volevo sporgere denuncia perché mi aveva portato via i figli, persero un sacco di tempo, mi dissero che non c'erano estremi per procedere. Come se decidere toccasse a loro. Non c'è ancora preparazione, sensibilità».

Con la legge codice rosso, con l'attenzione maggiore dei media sul fenomeno, le cose non sono migliorate?
«Non generalizzo, parlo della mia esperienza. Ho subìto violenze fisiche, psicologiche, economiche: c'è molto che ancora non va, nella legge, se nonostante tutto quell'uomo ha potuto avere in affidamento il primo figlio, che oggi ha 11 anni. La più piccola, 6 anni, è rimasta con me. Ma per un periodo li ha sequestrati».

In che senso?
«Se ne andò con loro. Erano il mio punto debole, li usò per punirmi, perché non lo volevo più nella mia vita. Bloccò tutti i social, non riuscivo in nessun modo ad avere loro notizie. E per sfidarmi minacciava gli amici, chiunque potesse aiutarmi».

Quando ha deciso di rivolgersi a un Centro antiviolenza?
«Dopo la separazione, continuava a minacciarmi. Ti salvi da me solo se ti suicidi, mi diceva. Ho avuto paura».

E adesso?
«Sono entrata in Svolte e ne sono grata, però lo stage dura solo un anno, troppo poco. Per essere davvero libera, una donna deve esserlo economicamente, invece le aziende non ti prendono, temono problemi. La sostenibilità di genere dovrebbe essere un elemento indicativo della qualità aziendale: di questo parla la mia tesi».

In cosa si laurea?
«In economia e marketing, con il massimo dei voti. Ho dovuto iscrivermi a una università online, studiavo di notte e di giorno mi arrangiavo con mille lavoretti, mentre mia figlia era a scuola. Non è stato facile, ma non finisce qui».

Cosa farà?


«Mi iscrivo a ingegneria, faccio un concorso per diventare insegnante, in una scuola lontano da qui. Con me avrò mia figlia, il maschio verrà a trovarmi, non lo perderò. E ricomincerò a vivere».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino