Covid a Napoli, Il presidente dell'Ordine Scotti: «Noi, medici in guerra senza armi né scudi»

Covid a Napoli, Il presidente dell'Ordine Scotti: «Noi, medici in guerra senza armi né scudi»
Tamponi rapidi per deflazionare i grandi numeri che intasano le strutture sanitarie. La somministrazione del vaccino antinfluenzale e poi, ancora, il prevedibile assalto che nelle...

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Tamponi rapidi per deflazionare i grandi numeri che intasano le strutture sanitarie. La somministrazione del vaccino antinfluenzale e poi, ancora, il prevedibile assalto che nelle prossime settimane si scatenerà negli ambulatori. Nella sua duplice veste di segretario nazionale della Federazione italiana medici di medicina generale e di presidente dell'Ordine dei medici della provincia di Napoli, Silvestro Scotti ha già le idee molto chiare sui giorni che verranno: «Ma se parliamo di assalto - dice - sia chiaro che non trascinerò alla guerra l'esercito, e cioè i miei colleghi medici di famiglia, senza armi e scudi necessari. Purtroppo le carenze che registravamo prima ci sono ancora».


Fuor di metafora, Scotti - che sta partecipando in Sardegna, a Villasimius, ai lavori del 77esimo Congresso nazionale della Fimmg - sa bene che il futuro, a Napoli e in Campania, resta ancora denso di incognite.


Presidente, arrivano cinque milioni di tamponi rapidi ai medici di famiglia. Come gestirete questo delicato compito di prima linea?
«Il Governo ha chiesto la nostra disponibilità e noi abbiamo raccolto l'invito, ma ad una precisa condizione: che ciascun collega venga messo nelle condizioni di operare in massima sicurezza. E tuttavia, almeno per ora, questa condizione preliminare manca. Teniamo conto, poi, che nei nostri studi abbiamo a che fare con pazienti che allo stato attuale possono essere asintomatici o paucisintomatici, cioè soggetti a bassa intensità di sintomi. Con tutti i rischi che ne conseguono».
Che cosa serve subito?
«Le dotazioni fornite basteranno al massimo per dieci giorni: parlo delle visiere protettive, barriere in plexiglass, ma anche delle mascherine e dei guanti monouso. Insomma, tutto il necessario senza il quale si lavorerebbe allo sbaraglio. Ho già sollevato la questione nelle sedi opportune e coinvolgendo direttamente il ministro Speranza. Anche in considerazione del fatto che è iniziata la campagna vaccinale contro l'influenza di stagione e dunque questi presìdi sanitari sono più che mai doppiamente necessari: tenga conto che per somministrare l'antinfluenzale il medico deve opportunamente proteggersi indossando, tanto per fare un esempio, un doppio paio di guanti per evitare di potersi pungere con l'ago della siringa. La protezione dell'operatore sanitario resta fondamentale».
 

Ma la vostra categoria sta veramente facendo tutto il possibile per concorrere al superamento di questo momento difficile? Non avete niente da rimproverarvi?
«Non credo ci possa essere rimproverato nulla. Siamo la prima linea dell'assistenza sanitaria, e poco tutelati. E rischiamo di ammalarci senza un modello di assistenza territoriale idoneo».
Ha sentito anche il commissario per l'emergenza Arcuri?
«Certo. E a breve gli scriverò sottolineandogli queste primarie esigenze. E, magari, per ribadirgli un vecchio quesito. La domanda resta sempre la stessa: perché questi dispositivi vengono trasmessi alle Aziende sanitarie locali?»
 

Torniamo ai vaccini anti-influenzali. Prevedibilmente quest'anno aumenterà il numero di chi deciderà di sottoporvisi, abbiamo scorte sufficienti?
«Le vaccinazioni in questione quest'anno in Campania aumenteranno del 20 per cento rispetto all'anno scorso, e - al momento - nessuno può fare previsioni e dire che avremo totale copertura. Tenga presente che oggi si è deciso di estendere tale profilassi inserendo anche i bambini da sei mesi a sei anni e una platea di soggetti adulti anche di età inferiore a quelli che possono definirsi anziani».
Tornando al processamento dei tamponi molecolari, che cosa pensa dei ritardi che si accavallano nella consegna dei referti?


«Tralasciamo un aspetto importante: questo compito ci è stato attribuito senza alcuna contrattazione. Ma, al di là di questo, il medico di famiglia viene chiamato a controllare se il paziente è positivo o negativo senza che vi sia nemmeno un filtro, tipo alert negli sterminati elenchi dei tamponi processati. Insomma, siamo costretti anche su questo a lamentare carenze e lacune».
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Il Mattino