Global forum for Education and integration a Napoli: caccia al museo perfetto

Global forum for Education and integration a Napoli: caccia al museo perfetto
Un gruppo di turisti sta in contemplazione, in rispettoso silenzio, davanti a una tela. Alla parete, il «Guernica» di Picasso, tre metri e mezzo per otto. Chi osserva...

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Un gruppo di turisti sta in contemplazione, in rispettoso silenzio, davanti a una tela. Alla parete, il «Guernica» di Picasso, tre metri e mezzo per otto. Chi osserva il muso sfuggente del toro, chi lo sguardo angosciato dei visi. Tutti avvertono che quel quadro è stato dipinto per ognuno di loro, ma rimane comunque una distanza tra l'opera e lo spettatore. Come aumentare il grado di coinvolgimento? Ecco che da una porta laterale entra un gruppo di ballerini che si esibisce nello spazio tra il turista e il quadro. Succede regolarmente al museo Reina Sofia di Madrid. L'effetto, grazie ai movimenti fluidi dei danzatori, è quello di creare un legame più stretto tra spettatore e opera, di mettere in collegamento chi guarda e l'oggetto guardato, annullando la distanza come se i movimenti fossero capaci di creare un ponte, di dare luogo a quella che gli addetti ai lavori chiamano «immaginazione generativa».

La percezione dell'opera deve risultare naturale, emozionale, materiale e sensoriale, ed è questo uno dei temi che saranno discussi dai partecipanti riuniti per il «Global forum for Education and integration» in programma dal 12 al 14 ottobre in undici sedi di Napoli, tra musei, università, istituti culturali, da palazzo Ischitella alla riviera di Chiaia, dove si terrà la cerimonia di apertura mercoledì prossimo alle 8.30, al museo Archeologico nazionale dove nella giornata di chiusura si tireranno le conclusioni e si stilerà una sorta di carta di identità del museo del futuro. All'iniziativa, che ha tra i maggiori organizzatori la Regione e la fondazione Morra Greco, parteciperanno rappresentanti di 150 musei ed enti cultuali del mondo, dal Moma di New York alla Pinacoteca di San Paolo in Brasile, dall'Mca Australia alla National Gallery di Singapore, dal Getty di Los Angeles al Rijksmuseum di Amsterdam, e poi dall'Africa e dall'Asia. «Per dare una identità condivisa del museo del futuro dobbiamo confrontarci su alcuni temi fondamentali. Accessibilità, inclusione, diversità e sostenibilità» dice Maurizio Morra Greco, presidente dell'omonima fondazione. I musei sono stati progettati, nella maggior parte dei casi, decine di anni fa, per categorie di persone standardizzate. Il museo che verrà deve includere quante più persone diverse possibili, contro l'omologazione del pubblico, valorizzando le differenze e tenendo conto delle sensibilità anche delle minoranze. «La diversità è essere invitata alla festa. L'inclusione è essere invitati a ballare» dice Morra Greco, citando l'attivista americana Verna Myers. «Proteggere le collezioni per le generazioni future è un dovere che oggi va associato quello di non inquinare. Sostenibilità significa mettere in discussione le prassi ormai consolidate di organizzazione delle mostre che comportano inquinamento. Bisogna ripensarle alla luce del costo ecologico, abbattendolo il più possibile». E ancora, il museo può diventare anche un luogo di cura e di benessere di tipo psicologico perché «l'arte contribuisce a esaltare il mondo emozionale e a potenziare le capacità empatiche delle persone». In alcuni musei si organizzano corsi di meditazione e si sta diffondendo la pratica di «portare l'arte negli ospedali». 

Una guida, come succede nel museo Smak di Gand, in Belgio, si reca personalmente con una valigia piena di opere d'arte selezionate, dipinti e disegni, in una struttura ospedaliera e le mostra ai pazienti riuniti in gruppo. Come attirare i nati dopo il 2010, la generazione Alpha, la più numerosa del pianeta che vivrà più cambiamenti e sfide rispetto a tutte le generazioni precedenti? Con modelli interattivi e design più accattivanti, per esempio, o, come ha sperimentato con successo il Mann di Giulierini, investendo in realtà aumentata e in videogames. Tra gli altri argomenti affrontati nei workshop, l'idea di summer school per bambini ospitate nei parchi dei musei dove, con appositi laboratori, si possono creare prodotti legati al territorio da promuovere come forme d'arte. Infine la possibilità di comunicare allo spettatore esperienze forti come quella della migrazione forzata, tema sul quale «Carne Y Arena» di Inarritu ha fatto da apripista. 

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Il Mattino