Unione Industriali Napoli, dopo Atitech ora lascia anche la Gesac: «Troppe tensioni interne»

Unione Industriali Napoli, dopo Atitech ora lascia anche la Gesac: «Troppe tensioni interne»
Gesac società di gestione degli aeroporti di Napoli e Salerno recede dall’Unione Industriali di Napoli. «Una decisione - si legge nella stringata nota...

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Gesac società di gestione degli aeroporti di Napoli e Salerno recede dall’Unione Industriali di Napoli. «Una decisione - si legge nella stringata nota della Società - che è motivata dal perdurante clima di tensione che negli ultimi tempi ha caratterizzato la vita associativa; tale clima, di fatto ha impedito lo svolgimento, in maniera produttiva, del lavoro istituzionale dell’Associazione». Gesac, «attraverso l’adesione all’Associazione degli Industriali di Salerno, resta comunque nel mondo di Confindustria Campania».

Prima di approfondire l’ansiogena vicenda di Palazzo Partanna - Gesac non è la prima e non sarà l’ultima azienda a lasciare - va chiarito un punto. L’associazione retta da Maurizio Manfellotto, incoronato presidente degli industriali a ottobre del 2020, a qualche defaillance, se anche di peso e di prestigio, fa corrispondere nel 2021 il record di 131 nuove iscrizioni, cresciute in questo inizio del 2022 di alcune unità, tanto che a Palazzo Partanna risultano essere iscritte oltre 700 imprese. 

Ieri Gesac, poco meno di 48 ore fa, ha lasciato l’Unione Gianni Lettieri, ex presidente di Palazzo Partanna e patron di Atitech, anche lui impegnato nel ramo degli aeroporti. E da molti anni iscritto già all’Unione di Salerno. Meno di un paio di settimane fa ha lasciato un altro ex presidente degli industriali, Ambrogio Prezioso. Ancora prima si è dimesso un terzo past president vale a dire Paolo Graziano presidente del Gruppo Invesco, il cui core business è - anche in questo caso - il settore aeronautico. In comune queste uscite hanno due cose: «La denuncia di un clima eccessivamente litigioso» dentro l’Unione e l’adesione a Est(ra)Moenia l’associazione di Prezioso che la Confindustria napoletana considera una «associazione ombra» di Palazzo Partanna. Vale a dire che va oltre i confini statutari. Infatti la materia è in mano ai probiviri che hanno inviato richieste di chiarimenti a tutti coloro che hanno aderito. Francesco Tavassi, uno dei vicepresidenti dell’Unione è stato il primo a farne le spese decadendo dall’incarico.

La sostanza è che a lasciare uno ad uno e in fila indiana sono tutti quelli coinvolti in Est(ra)Moenia che ha come obiettivo investimenti sull’area est della città a iniziare da Piazza Garibaldi. E c’è di dire che a Palazzo Partanna per le uscite c’è dispiacere ma nessun dramma. C’è un terzo aspetto che va preso in considerazione e in questa diaspora: a maggio si vota per il rinnovo dei vertici di Palazzo Partanna e per ora c’è un solo candidato in campo: si tratta di Costanzo Jannotti Pecci, industriale nel campo del turismo e titolare tra le altre cose di numerosi alberghi e attività nel ramo termale. E si sa che quando si devono rinnovare gli organi dirigenti la tensione sale e le divisioni si trasformano in patologie. In questo contesto però - giova ancora ricordarlo - il lavoro di Manfellotto e del direttore generale Francesco Benucci. E cioè che le adesioni all’Unione napoletana sono cresciute rispetto a quasi due lustri fa. «Nel 2021 l’Unione Industriali Napoli ha segnato un record di nuove iscrizioni: ben 131. Si tratta di un numero di iscrizioni superiore del 155% a quello medio di nuove associate nell’arco di tempo 2012-2020, che non supera le 51 unità». Questo il dato nella relazione del 15 dicembre dell’anno scorso che Manfellotto comunicò all’assemblea. 

Manfellotto quel 15 dicembre 2021 spiegò che le nuove adesioni davano la misura «della ritrovata capacità di attrazione esercitata dall’Unione» e tracciò un quadro che riguarda gli ultimi 10 anni: «Alla fine del 2010 le aziende iscritte all’Unione Industriali Napoli erano oltre mille». Quando a fine ottobre 2020 è iniziato il mandato di Manfellotto «si erano ridotte a circa 600, di cui un 25% cessate di fatto o storicamente morose. Ora l’Unione Industriali può contare su circa 700 imprese, la quasi totalità delle quali in regola con i dettami statutari». 

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Il Mattino