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Assalto ai medici di medicina generale. La gestione dei pazienti - assicurano - diventa sempre più complessa benché la situazione, dal punto di vista sanitario, sia oggettivamente meno grave. Parlando in cifre, da quando è scoppiata la pandemia, dunque dai primi casi Covid registrati in città, ogni dottore si è occupato - mediamente - di curare 120/180 pazienti positivi.
«Attualmente - assicura Luigi Sparano, segretario provinciale della Federazione nazionale dei medici di medicina generale - tra i nostri assistiti ci sono almeno una ventina di positivi al virus, forse anche di più. Con tutto quel che significa ovviamente». È chiaro che si tratta di dati che si modificano ogni giorno: «Guariscono e si ammalano - spiega ancora Sparano - è difficile fare un calcolo preciso anche perché dipende molto dalle aree di appartenenza. In ogni caso il lavoro è - e resta - tanto. Speriamo quanto prima di venire fuori da questa emergenza altrimenti si andrà al collasso». Visite, telefonate, mail e whatsapp: considerando il gran numero di assistiti di cui ogni camice bianco deve occuparsi, il lavoro è senza dubbio assai impegnativo. «C'è una parte burocratica enorme - lamentano i medici di famiglia - una serie di adempimenti necessari che richiedono ore al computer, purtroppo, in alcuni casi, anche a discapito dei pazienti».
Permangono intanto i problemi per quanto riguarda il lavoro di tracciamento da parte dei dipartimenti di prevenzione delle Asl.
Intanto, ieri, l'Unità di crisi regionale per l'emergenza Covid, con un nota inviata in serata alle direzioni delle aziende sanitarie e delle aziende ospedaliere, ha disposto il ripristino di tutte le attività di specialistica ambulatoriale del Servizio sanitario regionale, dando mandato agli stessi direttori generali di adottare ogni misura utile a prevenire la diffusione del contagio. Lo stop ai ricoveri programmati e alle attività di specialistica ambulatoriale non urgenti, nelle strutture sanitarie pubbliche, era scattato lunedì 10 gennaio. Un provvedimento adottato al fine di consentire una rapida ottimizzazione dell'organizzazione ospedaliera per fronteggiare la situazione pandemica, di impegnare il personale sanitario pubblico e convenzionato in via prioritaria alla gestione dei pazienti Covid e - per concludere - garantire la disponibilità di un più adeguato numero di posti letto, sia nella degenza medica che chirurgica, da dedicare ai pazienti affetti da Covid-19.
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