«La mensa va chiusa», poveri a rischio sfratto per far posto ai turisti

«La mensa va chiusa», poveri a rischio sfratto per far posto ai turisti
«Se chiudono qui io come faccio?». Anja, ex badante sulla quarantina, che viene dall'est europeo, ha perso il lavoro. Capelli rossi scoloriti, maglietta e jeans...

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«Se chiudono qui io come faccio?». Anja, ex badante sulla quarantina, che viene dall'est europeo, ha perso il lavoro. Capelli rossi scoloriti, maglietta e jeans usati, è in fila davanti al cancello della mensa per i poveri di Porta Capuana. Come tutti gli altri aspetta il suo turno per ricevere uno dei cestini dai volontari dell'associazione San Vincenzo De Paoli, che ogni giorno donano pasti ai senza dimora, a 50 nuclei familiari disagiati e, dato più allarmante, a 100 nuovi poveri. «Questi ultimi sono quelli che si sono ritrovati in condizioni di povertà estrema a causa della pandemia - spiega Giuseppe Maienza, responsabile dell'associazione - e oggi non hanno più nemmeno i soldi per mettere il piatto a tavola». Un servizio fondamentale per tante persone, che rischia però di scomparire, dato che i locali a pianterreno della Torre Virtus che ospitano la mensa sono a rischio sfratto per far posto agli itinerari turistici previsti nel progetto Unesco.

 
Il rischio sfratto per la mensa destinata ai poveri a Porta Capuana diventa sempre più concreto con la fase 2. Passata l'emergenza Covid torna l'incubo dello sgombero per i locali che oggi ospitano i volontari che, dal lunedì al sabato, preparano pasti caldi per un piccolo esercito di «invisibili» di cui fanno parte extracomunitari, pensionati, papà separati e badanti. Tra questi c'è Salvatore, 54 anni, che di mestiere fa il manovale, che in questo momento affronta con dignità una doppia emergenza: «Vengo alla mensa - dice - perché ho due famiglie da mantenere. Mi sono sposato due volte e faccio mille sacrifici per sfamare tutti. Il Covid mi ha distrutto economicamente. Se prima lavoravo al nero, adesso la situazione è peggiorata. Non c'è lavoro. E ai miei figli che vogliono andare all'università, cosa do da mangiare? Allora vengo qui ogni giorno e i volontari mi danno più cestini da portare a casa». Un dramma che vivono in tanti tra coloro che sono in fila davanti ai cancelli. «Da quando è scoppiata quest'emergenza sanitaria assistiamo circa 100 indigenti, che fanno la fila ogni giorno, oltre a una cinquantina di famiglie che ogni settimana sosteniamo con la spesa. Prima ospitavamo all'interno 30 persone con turni da 10 seduti ai tavoli. Qui arriva un flusso di napoletani e immigrati (specie dell'est), a cui si sono aggiunti in questi mesi papà separati, che si sono trovati in difficoltà con la pandemia e hanno necessità di rispondere al fabbisogno dei loro familiari, per cui chiedono con grande dignità 4 o 5 cestini. Serviamo i pasti dalle 11.30, ma alle 9.30 offriamo loro anche un caffè caldo». «Siamo tra le prime mense per i poveri della città, nata con il post terremoto del 1980 - aggiunge Maienza - e ora ce la vogliono togliere. Che ben venga la riqualificazione di questa zona che è piombata nel degrado, ma almeno il Comune ci dia un luogo alternativo dove accogliere chi ha bisogno di noi». Nell'ambito del progetto Unesco quegli spazi dovrebbero diventare l'ingresso per le visite dei turisti alle torri aragonesi. «Siamo preoccupati di questa probabilità di dismissione dei locali della mensa - dice Armando Simeone, del Comitato Lenzuola Bianche - ma anche del vicino campetto abbandonato da anni e negato ai minori del quartiere. Contrasteremo con ogni mezzo questa scellerata ipotesi di sottrazione di quegli spazi per il progetto Unesco».
 

A far visita ai poveri e ai volontari della mensa di Porta Capuana ieri mattina anche Antonio Bassolino, presidente dell'associazione Sudd: «Una bellissima esperienza questa dell'associazione San Vincenzo De Paoli - dice - è un insieme di energie civili che sono forze disponibili per il rilancio degli spazi. Questi volontari hanno dimostrato durante i mesi più duri dell'emergenza un senso di disciplina e di responsabilità civile che deve essere apprezzato come patrimonio per la città. Un luogo dove si aiutano le persone più deboli, dove ci sono una mensa, una scuola pomeridiana per i minori bisognosi e dove si offrono cibo e vestiti ai poveri. Qui c'è un intreccio tra vecchie e nuove povertà, come si evince dalle persone in fila per i pasti, tra napoletani e immigrati. Ho incontrato intere famiglie che vengono qui perché precipitate nella povertà per il Covid, ma quasi si vergognano di questo loro nuovo status. Ecco perché le istituzioni, Governo, Regione e Comune, devono fare la loro parte e sostenere questa associazione», conclude. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino