Futuro incerto per la storica libreria Pisanti al corso Umberto, per trentasei anni punto di riferimento per studenti e professori in cerca di libri universitari. Ieri si sono...
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La zona è la migliore per intercettare per la pausa pranzo ragazzi e impiegati nei tanti uffici vicini, anche il negozio sportivo più avanti, dopo aver chiuso, è diventato un luogo di ristorazione. Se al posto della libreria Guida a Port’Alba si aprirà una jenseria, al posto di Pisanti si aprirebbe, ma si è ancora in una fase embrionale di trattativa, un locale di panini e pizzette.
«Ma non è detta l’ultima parola, spero che i nuovi gestori, magari prendendosi solo una parte del negozio, possano lasciare uno spazio anche per la vendita dei libri, certo con servizi e tipologie diverse da quelle messe in campo fino a questo momento. Il prodotto libro per come lo abbiamo venduto fino a oggi è morto, lo vado ripetendo ormai da anni, bisogna trovare soluzioni alternative» dice Pisanti. La colpa, per il libraio, è dei criminali e delle grandi catene. Nel primo caso si tratta di chi, anche a pochi passi dalla sua libreria, vive fotocopiando i testi universitari, primo e più importante core business della libreria Pisanti. «Esiste una legge che prevede l’arresto per questi signori, ma non è mai stata applicata. Eppure costoro, che per me costituiscono una banda a delinquere, hanno sottratto, a noi e agli editori dei testi accademici, il 90% dei ricavi. Come si fa ad andare avanti così?».
Le grandi catene, soprattutto quelle che vendono libri on line, hanno una libertà di manovra molto superiore alle tradizionali librerie e possono praticare sconti maggiori. Poi c’è la forza delle grandi librerie di catena che aprono punti vendita sul territorio e che, secondo Pisanti, «possono anche permettersi il lusso di lavorare in perdita». Pisanti per anni è stato il presidente dell’Associazione dei librai italiani e ha tenuto varie docenze alla scuola dei librai a Venezia. Certi meccanismi li conosce fin troppo bene. «Come posso competere con Feltrinelli che per i suoi quattro punti vendita a Napoli investe quasi due milioni di euro per i fitti e ha un fatturato che arriva al 6% di quello italiano?». Negli ultimi quattro anni hanno aperto due nuove Mooks al Vomero, collegate al circuito Mondadori, e un’altra è stata annunciata, entro un paio di mesi, a piazza Nicola Amore.
In questi giorni, quando si è sparsa la voce che di lì a qualche settimane Pisanti avrebbe calato le serrande, molta gente entrava e dichiarava il suo dispiacere. «A queste persone dico: perché entri in libreria, guardi, ti informi, magari sfogli anche un romanzo, ma poi non compri? La risposta, molto triste, la conosco io. La gente ormai veniva da me solo per vedere i titoli e sapere quali novità erano disponibili, poi li comprava su Internet con lo sconto». Il punto vendita di libri dove c’era la libreria Pisanti è stato aperto nel lontano 1942, 76 anni fa. Si chiamava “Libreria scientifica editrice”, e dietro questa attività c’era uno scaltro impiegato della Federico II, Dominicis, che aveva fiutato l’affare per le dispense universitarie, in alcuni casi scrivendole lui stesso.
Poi negli anni Ottanta la sigla, ancora oggi attiva con sede in via San Biagio dei Librai, si smarca dalla libreria e la libreria viene rilevata dal padre di Paolo, Renato Pisanti, integerrimo direttore di banca. Sull’insegna, ancora oggi visibile, si decise per il nome “Libreria scientifica editrice di Renato Pisanti”. Quando il figlio, dopo dieci anni di esperienza alla libreria Port’Alba, si sentì sicuro di affrontare il mercato del libro da solo, andò a lavorare al corso Umberto. Era il 1981, di lì a poco verrà creato anche il marchio editoriale “Pisanti Editori sas”. «Faccio il libraio da oltre cinquanta anni, difficile anche solo pensare che mi debba arrendere» dice Pisanti, anche se di rammarichi ne ha parecchi. Molto attivo nella collaborazione con le istituzioni, aveva sperato che, dopo aver condiviso il progetto con altri librai e con il Comune, finalmente si sarebbero installati gli Infopoint turistici nelle librerie della città. Era un modo per far entrare più gente nelle librerie cittadine, per offrire un servizio diversificato senza ricorrere a cediture o joint venture con aziende di diversa tipologia di merci. Dopo un anno dall’annuncio del progetto, niente è successo. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino