Il direttore generale del Santobono: «Mai vista così tanta violenza, Napoli non protegge i bimbi»

Il direttore generale del Santobono: «Mai vista così tanta violenza, Napoli non protegge i bimbi»
Segue personalmente la vicenda di Noemi, Anna Maria Minicucci, direttore generale del Santobono si strugge ripercorrendo ogni momento della vicenda, dall'arrivo...

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Segue personalmente la vicenda di Noemi, Anna Maria Minicucci, direttore generale del Santobono si strugge ripercorrendo ogni momento della vicenda, dall'arrivo dell'ambulanza all'intervento disperato di venerdì notte alle ore di ansia che si stanno susseguendo. Parla con la consueta affabilità, poi si blocca d'improvviso e dice con tono severo: «Cosa stiamo facendo ai nostri bambini?». La domanda nasconde un tormento insostenibile che sgorga in un elenco da brividi.


Direttore Minicucci, ce lo spieghi lei: cosa succede ai nostri bambini?
«Vuole davvero saperlo? Alla fine di gennaio abbiamo ricoverato una bimba di nove anni colma di ferite che le aveva procurato il patrigno il quale le aveva ucciso, a botte, il fratellino di otto anni. Poi nell'ultimo mese è arrivata una piccola di tre anni, violentata da uno zio, in seguito abbiamo soccorso un bimbo di dieci anni che aveva tentato il suicidio gettandosi da un balcone. La settimana scorsa sono arrivate due sorelline, una di tre anni e una di sei mesi, avevano le ossa spaccate dalla violenza dei genitori, infine è arrivata Noemi con un colpo di proiettile che le ha trapassato i polmoni mentre era a passeggio con la mamma e la nonna. Ecco cosa facciamo ai nostri bimbi».

Ha ragione, sono tutti eventi tragici e tutti di questo territorio.
«E sono tutti eventi generati da adulti. Ecco perché continuo a chiedermi cosa succede ai nostri bambini, e coinvolgo ognuno di noi adulti perché quando accadono certe cose tutti siamo un po' responsabili».

Dottoressa Minicucci, la sua accusa è pesante.
«Ma è reale, mi creda. Posso dirlo io che, purtroppo, su questa porzione orribile del mondo che ci circonda ho un osservatorio privilegiato».

E cosa vede?
«Vedo una città piena di adulti distratti, concentrati sul loro mondo, sul lavoro, sugli amici, sullo smartphone, troppo spesso irritati dalla presenza di quelle creature che loro stessi hanno messo al mondo. Vedo anche tanta disattenzione da parte di chi dovrebbe sorvegliare, controllare, verificare che nelle famiglie, dentro le case, i bambini abbiano una vita tranquilla, la vita che ogni piccino dovrebbe avere».

Lei ha messo in fila tanti casi differenti, quello di Noemi non ha nulla a che fare con la distrazione degli adulti.
«Però con la distrazione della città ha molto a che vedere: non faccio qualunquismo però mi chiedo, come tante altre persone, se non esistono falle in un sistema che consente che si verifichi una sparatoria in pieno pomeriggio fra la gente. Anche qui siamo colpevoli noi adulti».

Il suo sfogo è comprensibile, ma sembra che coinvolga chiunque, che equivale a non coinvolgere nessuno.
«Cosa vuole che le dica? I genitori sono assenti, la scuola si volta dall'altra parte, il welfare a Napoli ma anche in provincia è un miraggio. E poi dietro ai casi eclatanti che le ho messo in fila ce ne sono decine che non finiscono sui giornali ma testimoniano le difficoltà dei bambini».

Ce li racconti.
«Lei lo sa che qui al Santobono arrivano emergenze per pazienti pediatrici che fanno abuso di alcol? Che ci prendiamo cura di bambini con problemi di droga? Che abbiamo un elenco lungo così di soccorsi per emergenze neuropsichiatriche? Questo significa che ci sono decine di bambini in gravissima difficoltà».

Questi dettagli sono angoscianti. Arrivano bimbi ubriachi e drogati al Santobono?
«In media ogni anno abbiamo otto casi di abuso di alcool. Tenga presente che a Padova, nel centro pediatrico che per eccellenza si occupa di questi casi, ne arrivano sette. Per quanto riguarda la droga in un anno ci sono più o meno quindici interventi, anche se la maggior parte riguarda piccoli che hanno assunto per errore sostanze stupefacenti, il che significa che le trovano facilmente nelle loro case. Una minima parte, invece, è composta da ragazzini più grandi, fra i dieci e i 14 anni, che ha problemi reali con la droga».

Perché ha citato anche le emergenze neuropsichiatriche?
«Perché si tratta di interventi di urgenza per situazioni limite di bambini che hanno tentato il suicidio o hanno cercato di accoltellare un genitore o hanno comunque problemi di dissociazioni psichiatriche. Ne affrontiamo circa 25 in un anno. Ovviamente certe situazioni si verificano anche in tante altre parti d'Italia, ma questo non cancella il problema Adesso comprende perché ritengo che il problema sia grave?».

Dal suo osservatorio «privilegiato» riesce anche a trovare una soluzione al dramma di questi bambini?
«Occorrono attenzione, dedizione, ascolto. La nostra struttura ha una fondazione e prova a dare un contributo. Lo scorso ottobre abbiamo riqualificato un campetto sportivo al Rione Conocal, noto soprattutto per gli eventi criminosi. Quando l'abbiamo aperto i bambini ci guardavano e restavano fuori, non erano abituati ad avere qualcosa, li abbiamo invitati a entrare e sono esplosi di gioia. Ecco, serve attenzione, servono iniziative come quelle del Rione Sanità o di Scampia che danno frutti meravigliosi».

Eppure lei stessa ci spiega che i bambini in questo territorio sono in grave difficoltà.

«Cercano punti di riferimento, se li trovano avviene la svolta. Se invece si confrontano con adulti distratti finiscono nei guai con alcol e droga; quando poi quegli adulti sono violenti finiscono qui da noi in ospedale. E questo accade troppo spesso, accade intorno a noi. Perciò siamo tutti responsabili e tutti dobbiamo chiederci: cosa sta succedendo ai nostri bambini?». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino