Napoli, ai Quartieri spunta l'altarino in memoria del rapinatore di Rolex

Napoli, ai Quartieri spunta l'altarino in memoria del rapinatore di Rolex
L’ennesimo altarino nel santuario della camorra, in quella Napoli che prima uccide e poi omaggia le sue vittime. A pochi vicoli di distanza dal murale che ricorda ai...

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L’ennesimo altarino nel santuario della camorra, in quella Napoli che prima uccide e poi omaggia le sue vittime. A pochi vicoli di distanza dal murale che ricorda ai Quartieri Spagnoli Ugo Russo, il 15enne ammazzato mentre rapinava un carabiniere, c’è pure l’altarino che commemora Genny Verrano. Una cappella votiva, tenuta in ottimo stato in via Mancini Oliva (detto anche “vico Salato”), con all’interno pure un astuccio con la scritta “Rolex” perché il morto ucciso, un tempo, era appassionato di orologi che rubava e rivendeva. Un altro altarino su pubblica via in quel dedalo di vicoli dove lo Stato ha difficoltà a far sentire la propria presenza e dove la misericordia cristiana - in un distorto credo popolare - quasi diventa un lasciapassare per omaggiare tutto e tutti, come se davvero la morte riuscisse a cancellare insieme alla vita ogni peccato e ogni malefatta. Pure un diavolo, qui, potrebbe essere omaggiato come un santo per il solo fatto di essere morto crivellato dai proiettili, quasi che gli spari fossero ora riti salvifici per chi ne diventa bersaglio.

Una madonna, una rosa azzurra, un mazzo di rose bianche, un cuore con la scritta «Ti amo» e poi l’astuccio di un Rolex. È l’altarino di Gennaro Verrano. Il suo omicidio, avvenuto il 18 novembre 2017, fece scalpore anche perché ripreso in un cruento filmato dalle telecamere di sorveglianza dal quale si vedeva tutta la sequenza che portò Verrano ad essere ucciso nella sparatoria. L’uomo, 38enne dei Quartieri, era su uno scooter con sua moglie, a quel tempo incinta di sei mesi. Fu raggiunto dal suo killer e ucciso tra bimbi e passanti in pieno giorno. L’omicida, un 23enne di una famiglia rivale, Francesco Valentinelli. Un astio antico tra le due famiglie al quale contribuivano pure le donne al fine di avere il predominio sui traffici illeciti della zona. 

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Se Genny Verrano era ricercato persino dall’Europol per furti e rapine di rolex all’estero, suo figlio 20enne, Francesco, sconta una condanna a 18 anni per omicidio. «Checcolecco» - questo il soprannome del figlio di Verrano - è ritenuto legato al clan della «Paranza dei bambini» che mise in piedi il baby-boss Emanuele Sibillo tra Forcella e i Quartieri Spagnoli. Una storia familiare di crimini che pure - come accade tristemente in tante altre zone del centro storico - valgono comunque un altarino che nessuno ha il coraggio di rimuovere. É così che i morti ammazzati finiscono con il diventare arredo urbano tra le mille cappelle votive. Chi ci passa distrattamente può credere che quegli altarini siano pressoché identici ai tanti altri che da 500 anni affollano i Quartieri Spagnoli per omaggiare cristi e madonne, invece basterebbe soffermarsi pochi secondi per capire che si tratta di personaggi che con la santità hanno ben poco a che fare. Sono l’esempio per immagini che una parte di Napoli vuole offrire ai bimbi quando si incamminano per andare a scuola o quando giocano a pallone nei vicoli. Tutto sembra concesso e quell’altarino di Verrano - pur occupando uno spazio pubblico - resta lì da tre anni indisturbato ad omaggiare un rapina-rolex. Non sorprende al punto che spuntano spesso nuovi altarini e murales, come quello per il 15enne Ugo Russo. Dimenticando, oltre al tentativo di rapina dell’adolescente, pure il successivo assalto all’ospedale Pellegrini in cui amici del giovane Ugo devastarono il pronto soccorso o il raid a sparare proiettili contro la caserma Pastrengo dei carabinieri in segno di sfida. Lo Stato in silenzio e i criminali santificati.

Ieri, del resto, nei vicoli dei Quartieri Spagnoli è spuntato pure un manifesto mortuario in ricordo di Ciro Caiafa, il papà del 17enne Luigi, ucciso un mese fa a Forcella in un agguato camorristico. «Nel trigesimo della scomparsa», c’è scritto sul manifesto. Linguaggi in codice a marcare la propria presenza ed intrecciare nuovi sodalizi o nuove guerre tra i clan di Forcella e quelli dei Quartieri Spagnoli in quella mistura che sono diventate le famiglie camorristiche che, dopo vecchi re, ne cercano sempre di nuovi. Un tentativo di marcare il territorio. «Bisogna scegliere - disse pochi giorni fa il procuratore generale Luigi Riello durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario - se stare con lo Stato o contro». Qui la scelta non sembra sia stata ancora presa.
 

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Il Mattino