«Costa si dimetta», «Nessun ricatto»: e l'assemblea del Pd finisce in rissa

«Costa si dimetta», «Nessun ricatto»: e l'assemblea del Pd finisce in rissa
Inviato a Ercolano Gli animi tesi per la disfatta elettorale, certo, ma ad un tratto deve intervenire anche la polizia per evitare che finisca in rissa. È la prima volta...

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Inviato a Ercolano

Gli animi tesi per la disfatta elettorale, certo, ma ad un tratto deve intervenire anche la polizia per evitare che finisca in rissa. È la prima volta che in un'assemblea del Pd arriva la polizia in platea. Ed è una scena triste. Molto, specie se l'assise era stata convocata per fare un'analisi del voto. Ma basta un passaggio di Nicola Oddati sul congresso provinciale celebrato con l'esclusione del gruppo ex ds e una risposta piccata del presidente del partito Tommaso Ederoclite per mandare tutto a catafascio. Urla. Spintoni e qualche vecchio militante che si fionda verso il palco del Mav pronto a menare qualche ceffone. E va tutto in malora. Con una decina di agenti in presidio per il timore di un blitz dei Cub e invece il blitz è tutto interno al Pd. E quando sentono le urla, intervengono in sala per rimettere pace.

 
Un brutto spettacolo, comunque, se i lavori devono fermarsi per una decina di minuti prima che torni la calma in platea (ampia che non si vedeva da tempo). L'aria nel Pd è incandescente: i caminetti tra i capicorrente che facevano da cornice alle assemblee sono spariti, le facce sono tese e tutti si guardano in cagnesco prima che parta la discussione.
 
Inizia il sindaco renziano Buonajuto per fare i saluti da padrone di casa ma si dilunga in un intervento politico e partono brusii e mormorii dalla platea. «Occorre analizzare - dice - le cause di una sconfitta bruciante». Che poi lo diranno un po' tutti, compreso il segretario provinciale Massimo Costa nella sua relazione, senza sapere però che in sala gli iscritti vogliono sentire subito quelle analisi e magari qualche mea culpa che non arriva. Ci pensa l'ex sottosegretario Umberto Ranieri, scuola migliorista del Pci, in un intervento secco, coinciso, senza fronzoli. Ed è applauditissimo.

«Renzi doveva avviare una rifondazione del Pd: ha sottovalutato i segnali d'allarme su Napoli, sulla crisi di questo partito che ha ragioni profonde ma ha preferito lasciar correre. Ma a Napoli - avverte Ranieri - o ci si avvia ad una svolta profonda o non se ne viene più fuori. Questo è il dramma». Poi l'accusa: «È mancata la consapevolezza nel compilare le liste. È stato mandato via il ministro De Vincenti ed il partito ha preferito difendere le proprie corti anche quando i nomi non erano all'altezza. E il voto ai 5 Stelle è per punire personalismi, nepotismi e una certa arroganza».

Poi con Oddati l'incidente di percorso. Quando chiede pubblicamente a Costa di «rassegnare le sue dimissioni da segretario» e in cambio l'ex assessore ritirerà le denunce in procura per l'ultimo congresso provinciale. «È un ricatto», lo ferma un po' incautamente il presidente Ederoclite e le due fazioni, ex dl ed ex ds dell'ultimo congresso provinciale prima rimandato poi svolto a metà e già con il sangue agli occhi, iniziano ad urlarsi contro. Sono i dieci lunghissimi minuti di tensione che infiammano un Pd napoletano già in fiamme. E la polizia interviene a sedare momentaneamente gli animi. Si riprende a fatica la discussione.


«Chi ha gestito il partito fino ad oggi ha composto le liste senza alcun disturbo e con la totale assenza del pluralismo. Al Sud in più eravamo quasi impresentabili. Ad una società che chiedeva protezione e uguaglianza abbiamo predicato il merito e praticato il familismo», dice l'orlandiano Marco Sarracino riprendendo il filo del discorso della direzione di lunedì al Nazareno. Poi chiede una nuova leadership per «evitare che alle prossime elezioni regionali si arrivi quarti». Come fa il consigliere regionale Antonio Marciano: «Chi ha guidato il partito a Napoli ed in Campania deve compiere un gesto di serietà e mettersi di lato per aiutare una ripartenza. Il tema è rispondere alle centinaia di migliaia di persone che ci hanno punito, alle quali dobbiamo dire con nettezza che abbiamo imparato la lezione». Ma proprio Maurizio Martina, il reggente del partito dopo le dimissioni di Renzi, ieri ha chiesto in una lettera ai segretari regionali e provinciali di tutta Italia di congelare per ora le dimissioni. Tutto fermo. In attesa anche della direzione regionale del Pd spostata da domani a martedì perché il governatore De Luca è impegnato in Vaticano per organizzare la visita del Papa a Pietrelcina. L'ex sindaco di Salerno non ama le liturgie di partito. Specie quelle locali, è noto. Ma stavolta vuole essere presente: ha intuito l'isolamento del partito a Roma e vuole evitare un processo in contumacia nella direzione di Napoli.
 
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Il Mattino