Ballano, si divertono, saltano a ritmo di musica, attorno a un tavolino dove probabilmente c'è una torta o qualche bottiglia di champagne. Solo che non è una...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Dalle carte dell'arresto, spunta quel video, che la dice tutta sull'emergenza criminalità a Napoli e, in particolare, nella zona della cosiddetta movida. Scrive il gip Della Ragione, a proposito di Diano: «Deteneva l'arma completa di caricatore e colpo in canna in pieno centro cittadino, in luogo affollato da giovanissimi nel corso della cosiddetta movida, giovani appena usciti da locali notturni o in procinto di accedervi», probabilmente per risolvere screzi avvenuti in precedenza. Poi è lo stesso giudice a bollare come inquietante la presenza di quel video: «Si tenga conto che nello smartphone sequestrato all'indagato vi sono fotografie allarmanti che ritraggono giovani individui mascherati che impugnano armi, ben visibili e sollevate in aria, mentre ballano in un locale notturno».
Difeso dall'avvocato Rosa Ciccarelli, Diano ha ammesso il possesso dell'arma, ha ottenuto il beneficio degli arresti domiciliari e oggi punta al Riesame. Ha raccontato di aver acquistato per cinquecento euro la pistola da un extracomunitario di colore nei pressi della stazione, di essersi armato per paura più che per effettiva volontà di uccidere e ha poi riservato una battuta sulla storia del video trovato nella memoria del suo cellulare: «Io non ero uno di quelli con l'arma in pugno, non so di chi fosse quel video».
Eppure gli inquirenti hanno le idee chiare sul giro di amicizie di Ciro Diano, anche alla luce di controlli effettuati in questi mesi, in cui il 18enne risulta «un assiduo frequentatore di pregiudicati della zona di San Giovanniello, roccaforte del clan Contini». È un amico dei millennials delle famiglie Bosti, Contini, Aieta, la terza generazione di dinastie che hanno segnato la cronaca giudiziaria degli anni scorsi. Ed è in questo scenario che viene calato il ruolo del 18enne (che non risponde di reati aggravati dal fine mafioso), la sua esigenza di armarsi, prima di andare in giro per locali, nella zona della movida di Chiaia. Otto giorni fa l'aggressione al 18enne attore della paranza dei bimbi Artem Tkachuck, colpito al fianco da una coltellata, dopo essere stato circondato da un branco di giovanissimi (uno dei quali gli aveva chiesto se fosse originario di rione Traiano), mentre due anni fa una sparatoria tra rampolli di Fuorigrotta e di San Giovanni a regolare una lite scoppiata per vanterie sui social. Movida polveriera, come raccontano gli inquirenti, dove accanto alla maggioranza di persone per bene è possibile imbattersi nei «millennials» del crimine, quelli nati nel duemila e che discendono da famiglie in odore di camorra. Sono quelli che festeggiano con champagne da centinaia di euro e con una pistola in pugno in segno di vittoria. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino