Napoli, il Centro Direzionale tra incuria e rivalsa: «Subito una scossa»

Napoli, il Centro Direzionale tra incuria e rivalsa: «Subito una scossa»
Un agglomerato di grattacieli che svetta tra gli edifici del centro storico, con il Vesuvio sullo sfondo. Questo è il Centro direzionale, primo cluster di grattacieli...

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Un agglomerato di grattacieli che svetta tra gli edifici del centro storico, con il Vesuvio sullo sfondo. Questo è il Centro direzionale, primo cluster di grattacieli realizzato in Italia, siamo nel 1995. Quell’anno - per esempio - e fino al 2010 la Torre Telecom si guadagnò il primato di Torre più alta d’Italia poi superato naturalmente da Milano, dove le gru sono sempre in funzione e le Torri di conseguenza nascono e si allungano. Il tema del Centro direzionale oggi è quello della rigenerazione urbana e se di fronte la Regione ci vuole costruire una cittadella dei servizi quello che c’è dentro al Centro direzionale in termini di funzioni verrà definitivamente depauperato.

Il sindaco Gaetano Manfredi - tuttavia - al riguardo è deciso a scendere in campo con interventi di sostanza e non di facciata per rilanciare il sito. Perché l’idea sbagliata di dislocare gli uffici della Regione (al Centro Direzionale sono quattro gli edifici occupati dall’ente di Santa Lucia) in una torre rischia di essere il colpo mortale per un sito uscito male dalla pandemia che ancora resiste. Vivere nei grattacieli ai tempi del Covid non è semplice. Malgrado in questi mesi di ritorno alla quasi normalità sia ricomparsa un po’ di vita al Centro direzionale. 

Oggi il Centro direzionale è un mix di abbandono e incuria e la maggiore sofferenza è dovuta all’assenza di prospettive, in quanto dimenticato dalla pianificazione urbanistica che spetta al Comune prima di tutto. Come intende muoversi il sindaco rispetto a questo pezzo di città per rilanciarlo? A Palazzo San Giacomo - assieme all’approvazione del Bilancio previsionale - è stato varato l’ufficio del Prg da intendersi come organismo che deve modificare un disegno urbanistico vecchio di 40 anni e non adeguato alle esigenze della città. Un dato di fatto che se possibile vale ancora di più per il Centro direzionale. Dalla campagna elettorale e fino a pochi giorni fa l’ex rettore ha sempre detto che per risollevare il Centro direzionale «è necessario dargli nuove funzioni, una nuova anima».

Come dire che sono state un fallimento le politiche messe in campo fino a oggi, ovvero una robusta iniezione di pubblico per tenere in piedi e far vivere la city napoletana dell’area orientale. Che con un poco di malizia potrebbe sembrare un assist a De Luca che vuole delocalizzare la Regione di fronte al sito. Stanno davvero così le cose? Quello che trapela da Palazzo San Giacomo è che servono «nuovi attrattori», un mix di pubblico e privato per il rilancio. In questo senso dal Comune fanno intendere che sono avviati rapporti con investitori nazionali e internazionali. 

Cosa significa? A Napoli l’invasione dei turisti non è più una eccezione ma la regola, c’è fame di soluzioni per l’ospitalità soprattutto non a 5 stelle. La sensazione è che gli edifici svuotati potrebbero essere appetiti per installarvi alberghi. Del resto - questo il ragionamento che si fa in Comune - nei prossimi 6-8 mesi aprirà la stazione della linea 1 del Centro direzionale, una porta su questo pezzo di città, nei prossimi due anni la metro arriverà all’aeroporto di Capodichino. Vale a dire che dall’aereo all’albergo al Centro direzionale basteranno 15 minuti di treno. E con lo stesso poi arrivare in tutta Napoli perché la metro copre tutta la città.

Un punto di partenza per il Comune, la metro è uno degli attrattori, ma serve ben altro, la scommessa è portare gente al Centro direzionale in maniera stanziale. Il progetto è far vivere un sito che di mattina è vitale ma dal pomeriggio è tristemente vuoto. Una tendenza che nel weekend si accentua fino a diventare sinonimo di deserto metropolitano. Serve una cura da cavallo per centrare l’obiettivo perché prima di tutto bisogna affrontare il degrado, l’abbandono, mettere mano agli edifici non manutenuti, all’assenza di servizi e dei troppi negozi chiusi. Ci sono dei periodi dell’anno dove per trovare un bar o un ristorante o una semplice cartoleria o farmacia bisogna vestirsi da archeologi. 

Per riempire di contenuti il Centro direzionale dal Comune pensano di portare da quelle parti i giovani, quindi bisogna fare un patto con chi opera già nel sito e attrarre nuove energie. Un patto che si deve basare sulla volontà dell’Istituzione di portare in un luogo come il Centro direzionale il divertimento e la cultura. Tutti i giorni e in particolare di sera. Serve nella sostanza collegare il Centro direzionale ai quartieri che lo circondano, abbattere le barriere che ci sono, allargare gli orizzonti verso il resto della città. La sostanza è rivitalizzare il Centro direzionale attraverso interventi che portano nuovi abitanti e nuove attività per contrastare il generale svuotamento di funzioni e di senso del sito. Quello che è certo - per il Comune - è che bisogna restituire questo pezzo di città alla città, attraverso una strategia che punti sempre anche sul terziario ma dove non ha attecchito sostituendolo con altre funzioni. E quindi nuovi servizi, attrezzature pubbliche, per l’istruzione, la cultura, lo sport, le cose che servono alle persone per vivere e non solo per lavorare.

Di qui la necessità di una forte azione sinergica tra pubblico e privato che non significa snaturare l’identità del Centro direzionale ma indirizzarla verso le nuove esigenze della collettività. In questo senso - ragionano a Palazzo San Giacomo - l’integrazione con i quartieri intorno al sito, ovvero il Vasto, Poggioreale e le altre zone, potrebbe dare effetti positivi sulla vivibilità del Centro direzionale.

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Il Mattino