In Campania le Unità di Cardiologia riabilitativa sono diventate merce rara. Lo storico reparto del Monaldi migrato poi al Cto e diretto da Domenico Miceli, è stato...
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A Napoli esiste un secondo storico centro al San Gennaro che oggi deve fare i conti con il ridimensionamento generale di quell'ospedale e con un organico ormai ridotto a un solo medico che può fare davvero poco per assorbire la forte domanda, anche inespressa, di queste prestazioni. In Campania un'altro centro era all'ospedale di Caserta ma anche lì funziona a scartamento ridotto e a Salerno non risulta più attivo. Qualcosa si muove al Policlinico Federico II dove invece (da poco) è stata riattivata un'unità operativa dedicata guidata da Francesco Giallauria un cardiologo esperto. Qualche luce è presente anche nel privato accreditato come il Clinic center di Fuorigrotta. Ma a Napoli nel settore pubblico non c'è molto altro. Tant'è che la maggior parte dei pazienti dimessi dalla Cardiochirurgia del Monaldi anche nel post trapianto, sono oggi indirizzati nelle province di Caserta (Castel Morrone) e Benevento (Istituto Maugeri di Telese) gestiti da cardiologi che garantiscono cicli di terapia di alcune settimane. Ma il disagio negli spostamenti per pazienti anziani e indeboliti non è trascurabile. Insomma, in tempi di vacche magre, al pari di altri campi della riabilitazione e prevenzione, anche questo settore dell'assistenza è stato sostanzialmente trascurato.
Eppure in un anno in Campania, secondo i dati dell'Associazione italiana di Cardiologia clinica preventiva e riabilitativa (Aicpr), si potrebbero salvare almeno 300 pazienti colti da infarto sulle tremila morti evitabili calcolate in Italia, se solo la Sanità investisse di più in questa disciplina e in generale nella prevenzione. In Campania tra Università, ospedali e Case di cura accreditate vi sono 11 o forse 12 Cardiochirurgie anche di alto livello che potrebbero avere un valido aiuto dalla riabilitazione cardiologica di pazienti classificati a rischio per sedentarietà, obesità, diabete, ipertensione, fumo, colesterolo e altri fattori ambientali o familiari predisponenti. Col vantaggi di recuperare alla vita attiva chi è vittima di un infarto o un ictus ovvero dopo un intervento cardiochirugico maggiore.
«Io stesso ho seguito il percorso al Cto dopo un infarto - avverte Renato De Maio dell'Associazione di pazienti Amici del cuore - è la branca meno conosciuta della Cardiologia - non conoscevo nessuno in quella struttura ma ho ricevuto un'efficace assistenza. Dopo due stent e due angoplastiche non potevo nemmeno muovermi. Con due clci ho recuperato tutte le mie forze. Il mio cuore ha ripreso a funzionare come se non avessi avuto nulla. In quel centro miei compagni erano trapiantati e pazienti che avevano subito interventi ancora più importanti. Un'assistenza erogata con cura e attenzione. Ognuno di noi ha fatto piccoli ma preziosi progressi recuperando quasi completamente la funzionalità e qualità di vita in regime di day hospital senza necessità di ricovero. Una terapia salvavita la riabilitazione cardiologica che, secondo i dati diffusi dalla Società italiana di prevenzione, riabilitazione ed epidemiologia cardiovascolare dopo un infarto e interventi di cardiochirurgia coronarica e valvolare e nello scompenso cardiaco,riducono la mortalità e le riospedalizzazioni del 30%. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino