Napoli, piano per zittire il testimone del clan Bosti. Ma lui replica: «Erano solo telegrammi affettuosi...»

Napoli, piano per zittire il testimone del clan Bosti. Ma lui replica: «Erano solo telegrammi affettuosi...»
Sarebbe stato minacciato. Ci sarebbe stata una pressione da parte del suo retroterra familiare, per indurlo a interrompere la sua collaborazione con la giustizia. Per indurlo a...

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Sarebbe stato minacciato. Ci sarebbe stata una pressione da parte del suo retroterra familiare, per indurlo a interrompere la sua collaborazione con la giustizia. Per indurlo a zittire, a non andare avanti, a ricondurre tutto ciò che in un mese ha messo a verbale, nel corso di un processo contro la cupola camorristica napoletana, a un semplice sfogo dettato dalla tensione del momento. Sono queste le conclusioni della Procura di Napoli, a proposito del caso Luca Esposito, il genero del boss Patrizio Bosti (è sposato con la figlia Maria Bosti), che a partire dal primo febbraio ha svolto alcuni interrogatori investigativi ucon i magistrati della Dda di Napoli, chiamando in causa esponenti del clan (a partire dal cognato Ettore Bosti e dal suocero Patrizio), fino ad alcuni esponenti delle forze dell’ordine (oggi al vaglio della magistratura), a proposito di alcune collusioni con la camorra di Vasto-Arenaccia.

Aula 217, Tribunale di Napoli, tocca ai pm Ida Teresi e Alessandra Converso, depositare la nota che porta la firma del capo della squadra Mobile Alfredo Fabbrocini. Una nota che spinge la Procura a ipotizzare l’esistenza di una trama finalizzata a spegnere sul nascere la collaborazione di Luca Esposito, che in aula ha detto: «Tengo a chiarire che non intendo collaborare con la giustizia». Ora è battaglia sulla utilizzabilità delle sue parole messe a verbale. Ma come ha replicato Luca Esposito? Si è limitato a confermare di aver ricevuto sei telegrammi dal suocero detenuto al 41 bis, parliamo di Patrizio Bosti, dopo il deposito delle sue prime accuse: «Ma erano solo telegrammi affettivi…», ha concluso.

 

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Il Mattino