Napoli, spunta un coccodrillo antico nel sottosuolo: «Può essere quello della leggenda»

Napoli, spunta un coccodrillo antico nel sottosuolo: «Può essere quello della leggenda»
Quando i volontari della Galleria Borbonica hanno notato quello strano ritrovamento dal quale emergevano denti aguzzi, hanno immediatamente fermato le operazioni di scavo....

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Quando i volontari della Galleria Borbonica hanno notato quello strano ritrovamento dal quale emergevano denti aguzzi, hanno immediatamente fermato le operazioni di scavo. È arrivato di corsa Gianluca Minin, il deus ex machina del percorso ipogeo di Chiaia, ha personalmente recuperato ogni parte delle ossa e ha fatto scattare la macchina delle verifiche: «Ho subito pensato che fossero i resti di un coccodrillo. Anche se il ritrovamento è avvenuto nelle viscere di Pizzofalcone, la mente è immediatamente volata alla leggenda del mostro del Maschio Angioino che divorava i prigionieri. Però ho resistito alla tentazione della rivelazione immediata del ritrovamento».


La scoperta risale a quaranta giorni fa. Il tempo è servito per sottoporre le ossa ritrovate a una datazione certa e, soprattutto, per comprendere di quale animale si trattava. La datazione è stata effettuata con il carbonio 14 dal Circe, Centro di ricerche isotopiche per i beni culturali e ambientali dove il metodo della spettrometria di massa con acceleratore ha accertato che quelle ossa risalgono a un periodo compreso tra il 1643 e il 1666.

I reperti, poi sono stati affidati al professor Raffaele Sardella del dipartimento di Scienze della terra della Sapienza, a Roma. Il professore, con il contributo di un caparbio assegnista di ricerca, Dawid Adam Iurino, ha rimesso assieme tutti i resti recuperati e ha eseguito studi accurati sulle caratteristiche dell’animale: si tratta di un coccodrillo del Nilo, proprio come quello della leggenda, anche se il professore chiede con puntiglio di segnalare che l’attribuzione della provenienza del coccodrillo è certa «solo» al 95 per cento.

Insomma, esiste un 5 per cento di possibilità che quel coccodrillo non sia giunto a Napoli direttamente dall’Egitto.
L’altro giorno il reperto è stato riportato a Napoli. Gianluca Minin sta ancora studiando la maniera migliore per esporre quei resti: «Probabilmente li metteremo in mostra all’interno del percorso della Galleria Borbonica. Vorremmo realizzare una teca con la ricostruzione totale dell’animale, che superava i due metri di lunghezza».


Ci sono, però, pressanti richieste di poter esporre il reperto da parte dell’Associazione «Vivere Napoli» che si occupa delle visite al Maschio Angioino. I visitatori vengono condotti proprio all’interno delle prigioni dove la leggenda vuole che il coccodrillo andasse a cibarsi dei detenuti.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino