Plasma iperimmune nella cura dei pazienti affetti da Coronavirus: entro questa settimana sarà avviato al Cotugno l’utilizzo sperimentale del siero ricco di anticorpi...
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Un organismo pletorico che, nell’azienda dei Colli, dipende da un accordo interaziendale stipulato nel 2014 con l’Università Vanvitelli. Ne fanno parte 4 clinici delle discipline più rappresentative (immunostrasfusionisti), un clinico esperto di nuove procedure diagnostiche, un medico di medicina generale, due pediatri, un biostatistico, due farmacologi, tre farmacisti, due esperti in materia giuridica, altrettanti in bioetica e un’altra mezza dozzina di rappresentanti del volontariato e di altri profili. Uniformare le procedure alle linee guida sull’uso di derivanti del plasma dettate dal ministero della Salute, indicare le procedure di sicurezza, chiarire le responsabilità di eventuali eventi avversi i nodi da sciogliere. Per velocizzare l’iter che rischia di concludersi fuori tempo massimo, è intervenuto nei giorni scorsi il manager dell’Azienda dei Colli Maurizio di Mauro che ha chiesto di partecipare all’ultima riunione web. Così ieri sera è stata segnata l’ultima tappa, oggi dovrebbe essere ratificato il lavoro e venerdì il documento andare alla firma.
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Per produrre il siero con anticorpi sarà impegnata l’unità immunotrasfusionale dell’azienda dei Colli diretta da Bruno Zuccarelli. I donatori non mancano: molti pazienti guariti, all’atto delle dimissioni, si sono già fatti avanti per donare il proprio sangue. In attesa di un vaccino contro Covid 19 tale immunizzazione passiva si configura come la migliore strategia terapeutica possibile peraltro già utilizzata nel 2002 e nel 2009 nella cura della Sars e della Mers, cugini stretti di Covid 19 che avevano però una letalità molto superiore, rispettivamente del 10 e del 30%. Del resto il calo dei contagi e delle ospedalizzazioni richiedono una riorganizzazione delle cure ospedaliere e territoriali che è in corso anche in altre regioni più colpite. In una call conference promossa ieri da Motore Sanità se ne è discusso a lungo accendendo i fari sul miglior assetto possibile degli ospedali delle regioni più colpite dal virus.
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Molto dipende dalla configurazione della rete: a Napoli l’Hub del Cotugno, il Covid Hospital del Loreto nuovo e il padiglione M del Cardarelli potrebbero essere più che sufficiente per tutti i casi non gestibili a domicilio, Attualmente sono circa una settantina i posti liberi in queste strutture a cui se ne aggiungono una decina di rianimazione. Il Covid Hospital di Napoli est è attualmente occupato da un solo paziente trasferito tre giorni fa dal Cardarelli e, in totale, ha finora ospitato non più di tre o quattro malati di cui uno deceduto. La struttura potrebbe essere messa in stand by così come il Monaldi è stato rapidamente reso Covid free. Il Cotugno, intanto, pensa a concentrare nei 60 posti (raddoppiabili) del nuovo padiglione G le attività di cura legate al Covid trasferendo qui una rianimazione dedicata. In allestimento una sala operatoria e un centro cardiologico per infartuati. Il resto del polo infettivologico dovrebbe invece tornare progressivamente a lavorare nell’ambito delle varie discipline infettivologiche, a cominciare dalle meningiti e Tbc di cui è un’eccellenza internazionale.
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Il Mattino