I piccoli commercianti italiani dichiarano guerra ai grandi colossi del commercio online e alle catene commerciali. Oggi in tutta Italia i negozianti dei centri storici hanno...
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Non è la prima volta che a Napoli i commercianti mettono in atto questa singolare forma di protesta. Circa un mese fa proprio al Corso Umberto i negozianti hanno simbolicamente "spento" i loro negozi per protestare contro la scarsa illuminazione pubblica - e di conseguenza la scarsa sicurezza nelle ore serali e notturne - chiedendo al Comune di Napoli maggiore attenzione su questo delicato tema.
Preoccupanti gli ultimi dati diffusi dall'Istat. Secondo l'Istituto di Ricerca Statistica, infatti, a settembre 2019 il dato relativo al commercio al dettaglio fa registrare un incremento - +0,6% rispetto a settembre 2018 - solo per la grande distribuzione. I piccoli negozi che operano in città fanno registrare un decremento nel volume di vedite dello 0,4% mentre è in forte ascesa il commercio elettronico, con un impetuoso +26,3%.
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«Se andiamo avanti di questo passo - ha commentato Peppe Calcamuzzi, storico commerciante del Corso Umberto - tra poco questa strada si svuoterà del tutto. La grande distrubizione organizzata e il commercio online sta mettendo in ginocchio il nostro settore, un settore nel quale operano migliaia di famiglie. I danni che le città rischiano di subire sono molteplici. Anzitutto dal punto di vista sociale, con migliaia di persone che rischiano di perdere il posto di lavoro, e poi - ha proseguito ancora Calcamuzzi - dal punto di vista dell'immagine sarà un disastro. Basta immaginare una strada come il Corso Umberto completamente al buio e senza animazione».
Loredana Scialò, presidente del Comitato Rettifilo Shopping, ha annunciato altre forme di protesta per il prossimo futuro: «E' importante protestare per dare un segnale forte alla politica locale e nazionale - ha affermato - il piccolo commercio rappresenta l'ossatura dell'economia del nostro paese e sta letteralmente affogando tra pantani burocratici e la spietata concorrenza delle grandi catene commerciali e di colossi come Amazon. Vogliamo ricordare ai cittadini e a chi governa - prosegue la commerciante - che i piccoli negozi di quartiere non ingrassano le grandi multinazionali che producono ricchezza nel nostro paese e magari la spendono nei paradisi fiscali. Nei piccoli negozi di quartiere ci lavorano famiglie che fanno girare l'economia nel loro stesso territorio. Il nostro - ha poi concluso - è un appello ed una prima forma di protesta. Siamo intenzionati a non fermarci qui e a fare in modo che la politica a tutti i livelli ci dia al più presto una risposta seria, concreta ed efficace». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino