Lei ha trent'anni, suo fratello venticinque, hanno fatto causa al papà per «mancanza d'amore». La loro storia, unica nel suo genere, sarà in un...
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Giulia, nel rispetto del dolore che provoca il gesto di un padre che lascia moglie e figli, quello che è successo alla vostra famiglia non può considerarsi un caso isolato.
«Senza dubbio. Non si contano le coppie che si separano».
E allora qual è il problema?
«Che papà ci ha cancellati dalla sua vita come si fa con un disegno sulla lavagna. È sparito: ogni volta che lo abbiamo cercato non si è mai fatto trovare. Ha interrotto ogni rapporto con noi, come se fossimo dei rifiuti».
Da qui la decisione di fargli causa?
«Deve capire quanto male ci ha fatto, e l'unico modo era questo. Così ci siamo rivolti all'avvocato Angelo Pisani che ci sta sostenendo in questa che per noi è una battaglia d'amore».
Che cosa gli contestate?
«L'abbandono totale, ma non solo».
Ha fatto anche altro?
«Qualunque cosa pur di non vederci. Anche per strada, se ci incontra, cambia marciapiedi. Da quando è andato via non ha mai risposto a una telefonata, un messaggio, un invito, niente. Manco gli auguri a Natale».
Forse vi contesta qualcosa?
«È stato lui ad andare via, ci ha abbandonati dalla sera alla mattina senza alcuna ragione. Il giorno di Pasqua avevamo pranzato tutti insieme, anche con i nonni, il lunedì ha preso le sue cose ed è scappato».
Brutto trauma.
«Terribile ma ci eravamo anche rassegnati. Avevamo deciso di passarci su pur di continuare a mantenere un rapporto con nostro padre, non volevamo rinunciare a lui ed eravamo pronti pure ad accettare una nuova compagna».
Non ve ne ha dato la possibilità?
«Vi racconto solo un episodio. Una volta che mio fratello, deciso a incontrarlo a tutti i costi, si presentò a casa sua, e bussò al campanello, papà aprì la porta, e appena lo vide, gliela chiuse in faccia».
Parliamo di soldi.
«Non è una questione economica anche se la violazione dell'obbligo di assistenza morale, e il mancato amore nei confronti dei figli, nel nostro ordinamento si può tradurre solo in una condanna al risarcimento dei danni morali. Ma non sono i soldi che ci interessano: non c'è una cifra per risarcire l'amore negato. Io sono una professionista, non ho bisogno di niente, anche mio fratello è autonomo. Se gli abbiamo fatto causa è solo per scuoterlo e fargli capire quanto si sia comportato male con noi».
Non c'era un altro sistema per evitare di finire in tribunale?
«Se ci fosse stato, vi assicuro, lo avremmo trovato. Il problema è anche solo parlargli. Non vuole vederci e sentirci, è come se non esistessimo più. Ha perfino bloccato i nostri numeri di telefono. Ma non può finire così».
Che cosa gli chiedete?
«Di volerci bene, niente di più».
Pensate che un giudice possa riuscire a convincerlo?
«Ci proviamo. E se così non fosse vorremmo che almeno ci spiegasse il perché». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino