Napoli est, il progetto flop: 5 milioni per lavori inutili

Napoli est, il progetto flop: 5 milioni per lavori inutili
Cinque milioni di euro per progettare un'opera che, dicono le carte, non si sarebbe potuta neanche utilizzare. Il tombamento del water front di San Giovanni (tre volte...

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Cinque milioni di euro per progettare un'opera che, dicono le carte, non si sarebbe potuta neanche utilizzare. Il tombamento del water front di San Giovanni (tre volte più lungo di quello di Bagnoli) avrebbe dovuto accogliere un fascio di binari per collegare il porto alla rete ferroviaria nazionale. Ebbene, quel collegamento si sarebbe potuto utilizzare, forse, solo un'ora, tra le 23 è mezzanotte. E nonostante questa limitazione messa nero su bianco da Rfi, la gara di appalto per la progettazione del tombamento era stata deliberata dall'Autorità di Sistema Portuale del mare Tirreno Centrale pochi giorni prima del cambio di governance.

Una gara a cui l'Adsp guidata dal presidente Pietro Spirito destinava circa cinque milioni di euro per la la sola progettazione. Per comprendere la portata della questione bisogna leggere cosa scriveva Rfi nel 2017: «Per il trasferimento dall'impianto di Napoli Traccia al nuovo fascio arrivi/partenze di Napoli San Giovanni Barra (porto), si dovrà impegnare un tratto di linea il cui il grado di utilizzo è al limite della saturazione. (la piena disponibilità è nel solo intervallo 23-00. Le particolari condizioni della tratta . rischiano di limitare considerevolmente la capacità potenziale e l'operatività della nuova stazione merci». E nonostante questa precisazione di Rfi, l'Autorità di sistema portuale è andata avanti programmando quella gigantesca colmata da 409 mila metri quadri e da 3,3 milioni di metri cubi. Un'opera ciclopica non prevista da alcuno strumento urbanistico, che Andrea Annunziata, il nuovo presidente, ha subito revocato. Un'opera prevista da un Masterplan del 2018 ma mai sottoposto a nessuna approvazione del Ministero e di Enti territoriali.


LA STORIA
Ma facciamo qualche passo indietro. Il porto di Napoli, uno degli scali core della rete TEN-T, è dotato di un raccordo alla rete ferroviaria che garantiva, nel passato, anche un transito sul ferro delle merci fino al 4-5% dei volumi merci in entrata ed uscita. Un obbiettivo che avrebbe dovuto essere migliorato attraverso l'eliminazione di quei vincoli posti tra il porto ed il raccordo Napoli-Traccia che generano rallentamenti ed eccessivi costi, al punto di rendere meno conveniente il trasporto su ferro rispetto a quello su gomma. Un tema, questo, oggetto dell'Accordo Quadro del 9 maggio 1996 e nel successivo del 2 maggio 2001 tra ministero dei Trasporti, Regione Campania, FS in cui erano stati definiti gli interventi per il potenziamento del nodo di Napoli e delle linee afferenti e che ha portato alla costituzione del Gruppo Tecnico denominato per «il collegamento ferroviario al porto di Napoli».


Il piano definitivo nel 2004 portò l'Autorità Portuale, all'epoca guidata da Francesco Nerli, ad approvare progetti coerenti con le proposte approvate da Rfi e dalla Regione Campania che stanziò ben 100 milioni di euro per tali opere. Fino al 2014 quanto, nell'ambito del Grande Progetto co-finanziato con Fondi europei, l'Autorità Portuale appaltò l'opera per circa 14 milioni di euro. Bisogna anche ricordare che nel febbraio 2015 la Giunta Caldoro affidò a Rfi - a fronte di un compenso di 265 mila euro - un dettagliato studio di fattibilità per la realizzazione dei collegamenti porto-Napoli Traccia che venne ultimato nel maggio del 2015 e si concluse rappresentando che «gli indicatori di sostenibilità economica e finanziaria individuano come preferibile la soluzione che prevede la realizzazione a raso del binario di linea tra la stazione Porto e l'impianto di Napoli Traccia e l'interramento di via G. Ferraris, con sistemazione degli svincoli di adduzione». Tutto sembrava andare in un unico verso. Ma la scena cambia radicalmente con la gestione di Pietro Spirito e Francesco Messineo che, appena insediati, proposero la dismissione del raccordo ferroviario e revocarono tra svariati ricorsi la concessione all'Interporto Sud Europa, trasformarono il nodo di interscambio in un piazzale per la sosta di contenitori. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino