Amianto a Napoli, lo sfregio dell'ex fabbrica mai recuperata

Muraglioni diroccati, enormi cancelli arrugginiti, rifiuti, carcasse di scooter accatastate, vegetazione incolta, lastroni di amianto in disfacimento abbandonati alle intemperie....

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Muraglioni diroccati, enormi cancelli arrugginiti, rifiuti, carcasse di scooter accatastate, vegetazione incolta, lastroni di amianto in disfacimento abbandonati alle intemperie. È l'ex complesso industriale Redaelli di via della Piazzolla, nel quartiere Arenaccia, uno dei rioni dimenticati della città. Nel 2008 un progetto del Comune di Napoli prevedeva il recupero degli oltre 25mila metri quadri che corrispondono al perimetro della fabbrica dismessa e la riconversione a zona residenziale. Il progetto prevedeva inoltre la creazione di un mega centro commerciale, di parcheggi e box auto oltre che di aree verdi ad uso e consumo di un quartiere dove la mancanza di luoghi di aggregazione è molto sentita. Ad oggi l'ultimo aggiornamento sulla sezione web del Comune di Napoli riporta la data 2011 del progetto chiesto a gran voce dai residenti del quartiere non si ha più traccia.

 
La fabbrica fu fondata nei primi anni del XX Secolo da Giuseppe Redaelli, industriale milanese attivo nel campo dell'acciaio. E proprio durante la Grande Guerra il complesso di via della Piazzolla conosce la sua massima espansione. L'industria bellica, infatti, ha fame di ferro e acciaio. La fabbrica arriva così ad occupare circa 1000 lavoratori. Poi, a cominciare dagli anni '70, la crisi dell'acciaio e la dismissione delle fabbriche. Un destino a cui neppure l'impianto industriale dell'Arenaccia, secondo per grandezza solo all'Ilva - poi Italsider di Bagnoli, ha potuto sottrarsi. Dopo quasi quarant'anni di chiusura e di degrado il Comune di Napoli ha lanciato, nel 2008, un mega progetto per il recupero delle strutture già in avanzatissimo stato di degrado una ambiziosa riconversione che, nelle intenzioni di palazzo San Giacomo. Nel progetto era previsto la creazione di un nuovo centro residenziale da 64.000 mq, oltre che un fabbricato per attività artigianali di 11.520 mq e un enorme centro commerciale da 30.000 mq. Niente di tutto questo è mai stato realizzato.
 
Gli spazi interni sono invasi dalla vegetazione incolta e, come hanno raccontato i residenti della zona, sono di frequente utilizzati da clochard alla ricerca di un ricovero notturno. C'è addirittura chi sostiene che al primo piano del fabbricato principale si siano svolti summit di camorra e fin anche messe sataniche. Ad aggravare ulteriormente la situazione la presenza di un gran numero di lastroni di amianto abbandonati alle intemperie e che rappresentano un serio rischio per la salute degli abitanti della zona, già messa a rischio dalla presenza di enormi colonie di ratti che, nella ex Redaelli, si riproducono praticamente indisturbati.


L'area, densamente popolata, ospita alcune scuole, gli edifici dell'ex Provincia e, poco più distante, l'ospedale Don Bosco. «Il Comune ci ha illusi la rabbia di Enrico Cella, presidente dell'associazione Vivere il Quartiere, una delle più attive sul tema del recupero della ex fabbrica con un progetto che prometteva mari e monti e che, nei fatti, non è mai stato realizzato. Oggi l'impianto è fatiscente, c'è ben poco da recuperare. Di notte è frequentato da clochard e criminali d'ogni genere che approfittano dell'abbandono di questa zona per mettere a segno furti, scippi e rapine. Noi prosegue Cella ci ribelliamo a questo stato di cose e chiediamo al sindaco de Magistris di venire qui e di rendersi conto di persona di una situazione che, probabilmente, nemmeno conosce». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino