Dopo più di un anno dalla denuncia del Mattino dello stato di abbandono in cui si trovava la fontana Itaca di Ernesto Tatafiore, niente è cambiato, anzi...
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Nel corso di questi tredici mesi, era l'ottobre del 2018 quando Il Mattino scoprì dove era stata nascosta la fontana, sono stati molti i proclami da parte del sindaco de Magistris, di qualche assessore, di alcuni tecnici del Comune. La volevano restaurare in poco tempo. Ma nulla si è mosso. Come fatti, un paio di sopralluoghi a via Scarlatti dove la fontana sarebbe dovuta tornare, qualche riunione senza nessuna decisione. Intanto la causa intentata da Tatafiore contro il Comune va avanti «a tutela del nome e dell'immagine di un artista di fama internazionale e in qualche misura anche del diritto alla bellezza dei cittadini, cui è stata sottratta la fruizione di un'opera appartenente al loro patrimonio», sottolinea il legale di Tatafiore, Carlo Penna. La prossima udienza è a inizio dicembre. Secondo una prima stima, dopo un anno e mezzo di incuria, per un primo restauro e la messa in opera di un cantiere servono almeno 30mila euro. Fondi di cui il Comune, come comunicato all'artista e al suo avvocato, non dispone, o meglio non vuole disporre, forse si metteranno a bilancio l'anno prossimo. Per allora, probabile che la cifra necessaria aumenti. Ai fondi per il restauro, al quale dovrebbero provvedere i ragazzi dell'Accademia di belle arti, bisogna aggiungere i costi per il trasporto della fontana nel luogo originario, i nuovi allacciamenti idrici ed elettrici. Per l'opera di Tatafiore non mancano, come dice Penna, «situazioni di interesse da parte di musei o altri enti, se il Comune non ha intenzione di procedere al restauro lo dica chiaro e tondo. Fra l'altro abbiamo chiesto tante volte di formalizzare la donazione, ogni volta ci viene risposto che le carte arriveranno ma non abbiamo mai ricevuto nulla. Non la vogliono più?». Tatafiore ricorda che il primo e ultimo sopralluogo alla Mostra è stato effettuato a gennaio, da allora «solo un silenzio che sa di oltraggio, superficialità, incompetenza e arroganza. Non ci resta che prendere atto ancora una volta, con amarezza, dell'assenza, da parte degli uffici coinvolti, di una seria operatività». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino