Napoli, i clan di Fuorigrotta puntano al Recovery Fund: la faida dopo un summit

Napoli, i clan di Fuorigrotta puntano al Recovery Fund: la faida dopo un summit
I soldi del Recovery Plan, la pioggia di milioni che dovrebbe cadere sui quartieri della periferia occidentale di Napoli nei prossimi mesi. È questo il reale movente dello...

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I soldi del Recovery Plan, la pioggia di milioni che dovrebbe cadere sui quartieri della periferia occidentale di Napoli nei prossimi mesi. È questo il reale movente dello scontro esploso tra le organizzazioni criminali della zona e che ha già fatto registrare due omicidi e un agguato fallito. Un lavoro complesso e non ancora terminato ma che, allo stato, ha permesso di avanzare l’inquietante ipotesi investigativa, la camorra è in lotta per accaparrarsi, almeno in parte, il denaro dei fondi europei.

Una storia che inizia diversi mesi fa, quando alcune organizzazioni camorristiche della zona decidono che è arrivato il momento di trovare un’intesa per mettere da parte i contrasti evitando, così, di attirare l’attenzione di investigatori e magistrati e potersi così spartire in tranquillità la torta dei futuri appalti. Intorno al tavolo della camorra sono seduti, tra gli altri, esponenti degli Esposito di Bagnoli, all’epoca una dei sodalizi più agguerriti, dei Sorianiello di via Catone, principali fornitori di droga per l’intera periferia flegrea, degli Iadonisi del rione Lauro e dei Troncone di Fuorigrotta. L’obiettivo dei boss è quello di dividersi “pacificamente” zone e affari per non pestarsi i piedi. Ognuno avrebbe operato a ‘casa sua’ rispettando i confini. Garante di questo accordo, secondo gli investigatori, sarebbe stato Antonio Volpe, vera eminenza grigia della “mala” flegrea. Legato ai Bianco-Baratto, uno storico gruppo criminale di Fuorigrotta ora in disarmo, Volpe è considerato, in virtù del suo carisma criminale, una sorta di paciere, l’uomo in grado di dirimere, sul nascere, le controversie tra i clan. È lui, ad esempio, far rientrare le fibrillazioni tra gli Esposito e i Sorianiello nate a causa del mancato pagamento, da parte dei primi, di un carico di cocaina. 

A queste condizioni, l’intesa è raggiunta anche se non tutti sono soddisfatti. I Troncone, infatti, non sono convinti della nuova spartizione delle zone. Il clan mirava ad estendere la sua influenza su tutta Fuorigrotta e di allargarsi fino a Coroglio. Militarmente più deboli degli altri clan che possono contare anche sull’appoggio della famigerata Alleanza di Secondigliano, i ras di via Caio Duilio sono costretti a fare buon viso a cattivo gioco anche se non perdono occasione per avanzare le loro lamentele. 

Alla lunga, però, il malumore dei Troncone convince le altre famiglie che il sodalizio di via Caio Duilio è un problema perché potrebbe far saltare il già fragile accordo. Vitale Troncone e i suoi vanno messi a posto. Nel marzo del 2020, un commando ferisce gravemente Gaetano Mercurio, braccio destro del boss Vitale Troncone. Mercurio morirà dopo oltre un mese dal ricovero in ospedale. La sua morte è il punto di partenza per ricostruire le fasi della mattanza. L’attacco ai Troncone, però, non innesca immediatamente la faida per un semplice motivo, il Covid 19. L’agguato di via Terracina, infatti, è avvenuto pochi giorni prima che fossero imposte le limitazioni per impedire il diffondersi della pandemia. Killer e vittime sono costretti a chiudersi in casa e questo impedisce qualsiasi proposito di vendetta. Vendetta che è solo rimandata. A un anno esatto dalla morte di Mercurio, i sicari entrano nuovamente in azione, questa volta in via Leopardi. A cadere sotto i loro colpi è proprio Antonio Volpe, il paciere. È  la vendetta dei Troncone non solo per l’agguato a Mercurio, ma anche perché il vecchio boss non li avrebbe adeguatamente tutelati. Soprattutto è la dimostrazione che gli equilibri criminali sono mutati. 

Gli Esposito sono stati indeboliti dall’azione dello Stato e lo stesso è avvenuto per i Sorianiello. Un impatto notevole sui nuovi scenari criminali dell’area sarebbe stato causato dall’arresto di Maria Licciardi, “madrina” dell’Alleanza di Secondigliano e, soprattutto, alleata occulta degli Esposito. La sua uscita di scena avrebbe avuto come immediata conseguenza quella di bloccare eventuali interventi a favore degli alleati da parte dei secondiglianesi preoccupati di riorganizzare le loro fila. Le nuove forze in campo sembrano favorire i Troncone. Giovanissimi affiliati cominciano a imperversare per la zona compiendo raid e spedizioni punitive. A novembre in via Caio Duilio viene ammazzato Andrea Merolla, nipote di Vitale Troncone e poche settimane più tardi lo stesso boss sfugge miracolosamente a un agguato mentre si trovava dinanzi al suo bar. I killer sparano per uccidere ma Troncone, sebbene gravemente ferito, riesce a scamparla. Una settimana più tardi, arriva, puntuale, la vendetta della cosca. Salvatore Capone, uomo degli Iadonisi, sospettato di aver avuto un ruolo sia nell’agguato al boss sia, soprattutto, nell’omicidio Merolla, è ucciso nei pressi della sua abitazione di via Leopardi. 

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Il Mattino