Da ritrovo vip della dolce vita napoletana a megavilla: ecco la «nuova» Sacrestia

Da ritrovo vip della dolce vita napoletana a megavilla: ecco la «nuova» Sacrestia
Scompare la Sacrestia: il ristorante simbolo della dolce vita napoletana diventerà un complesso residenziale. Il permesso ufficiale per il cambio di destinazione d'uso...

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Scompare la Sacrestia: il ristorante simbolo della dolce vita napoletana diventerà un complesso residenziale. Il permesso ufficiale per il cambio di destinazione d'uso è stato rilasciato l'altro giorno dal Comune di Napoli, i lavori partiranno a breve.


Per la verità la Sacrestia di Napoli non esisteva più già da quattro anni: ristorante chiuso nel 2015, sconfitto dalla crisi, dalla nuova ristorazione, dalla mancanza di quel popolo di vip che l'aveva animato per 44 anni, dal giorno in cui Arnaldo Ponsiglione decise che Napoli era pronta per un salto di qualità nella gastronomia.
 
L'architetto che lo progettò decise di riempirlo di arredi sacri: inginocchiatoi, acquasantiere, finestre colorate di rosso e blu come le cattedrali; quando in cucina era pronto un piatto veniva suonata una campanella che fino a qualche anno prima serviva a chiamare i fedeli alla messa. Il nome Sacrestia venne fuori senza nemmeno pensarci. E in quella Sacrestia per decenni la Napoli che contava ha trovato buon cibo e riservatezza.

Sarà smantellato quel che resta del ristorante, l'anima, però, era già andata via: a dicembre dell'anno scorso è morto Marco Ponsiglione che aveva raccolto l'eredità di papà Arnaldo e aveva portato nel paradiso della ristorazione il locale di Posillipo. Qualche settimana prima della chiusura, nel 2015, c'era stato il lutto della morte di Felice Ponari, lo storico chef del locale che aveva trasformato l'intera ristorazione napoletana.

Dicono che Ted Kennedy, quando era a Roma, metteva in crisi i servizi di scorta perché doveva, ad ogni costo, fare un salto a Napoli, al ristorante di Posillipo, per mangiare il suo amato pesce al sale. Raccontano che una volta costrinse Ponsiglione a scrivergli la ricetta perché voleva far replicare quel piatto ai suoi cuochi negli States. La ricetta venne scritta ma furono inseriti un paio di errori nelle quantità e nei condimenti, così nessun altro cuoco al mondo avrebbe potuto replicarla.

Negli anni della Prima Repubblica il ristorante di via Orazio diventò luogo d'elezione per cene nelle quali si decidevano alleanze e strappi politici: erano di casa Gava e De Lorenzo assieme ai uomini della politica locale, grandi e piccoli, che facevano la fila per poter partecipare a quelle cene.

Quando chiamava Mario Merola, il personale salutava con entusiasmo la prenotazione dell'artista che aveva l'abitudine di lasciare mance estremamente generose. Talvolta assieme a Merola arrivava anche un giovanissimo Gigi D'Alessio, altre volte alla compagnia era aggregato anche Nino D'Angelo, ancora caschetto d'oro e già star nel mondo della musica napoletana prima di diventare voce nazionale.

I giorni più entusiasmanti della Sacrestia, però, sono stati quelli di Diego Maradona. Abitava a due passi dal ristorante, era uno dei suoi rifugi preferiti. La saletta riservata al piano inferiore era diventata di sua proprietà, quando chiamava qualcuno per prenotarla, fosse anche un ministro della Repubblica, veniva invitato ad attendere: partiva una chiamata a Diego, possiamo darla o vuoi venirci tu?, solo se il Pibe de Oro dava il permesso erano accettati estranei in quella saletta.

Quando Maradona entrava al ristorante c'era un rito immancabile, passava in cucina e andava a palleggiare con arance o limoni, dopo l'applauso chiedeva allo chef di portargli qualcosa, si fidava, sapeva che sarebbe stata una cena da ricordare. Passava nel ristorante e andava a sedere nella sua saletta: quando era con amici l'accesso alla saletta era consentito in qualunque momento, quando si presentava con una delle sue innumerevoli fiamme, allora non era permesso disturbare, entrava a mezza sera e non c'era un orario previsto per l'uscita.

Un sabato sera si presentò con una donna. Restò nella saletta fino alle prime luci dell'alba. Ponsiglione aveva mandato via il personale ed era rimasto da solo ad aspettare che Diego decidesse di uscire. Quando il campione venne fuori prese in disparte il patron «non preoccuparti, due ore di sonno, una doccia e vado al San Paolo. Oggi segno due gol, li dedico entrambi a te».


La saletta di Diego non esisterà più, i tavoli di Ted Kennedy, dei politici, degli artisti, di tanti napoletani, saranno portati in discarica. La Sacrestia sarà cancellata, a via Orazio sorgerà una lussuosa villa. I tempi cambiano, i luoghi spariscono, la storia della città si dissolve. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino