Napoli zona rossa, il flash mob della mutanda: catena umana di commercianti per la riapertura

Napoli zona rossa, il flash mob della mutanda: catena umana di commercianti per la riapertura
Una catena umana di circa 150 negozianti uniti l’un l’altro da uno slip da donna, indumento intimo divenuto simbolo della protesta degli esercenti negli ultimi giorni....

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Una catena umana di circa 150 negozianti uniti l’un l’altro da uno slip da donna, indumento intimo divenuto simbolo della protesta degli esercenti negli ultimi giorni. È la provocazione lanciata stamattina a Napoli, nel quartiere Chiaia, da titolari, dipendenti e clienti di attività di abbigliamento, gioielli e calzature che sono scesi in strada a sottolineare la disparità di chiusure tra categorie merceologiche e a chiedere di poter rialzare le saracinesche. «Le mutande non fanno venire il Covid, mentre vestiti, scarpe e gioielli sì», si leggeva su uno dei tanti cartelli esposti dai manifestanti. 

La protesta, animata per lo più da donne, è andata in scena lungo i marciapiedi di via Filangieri e via dei Mille, principali vie dello shopping cittadino, e si è conclusa con un applauso quando il cordone umano ha raggiunto l’altezza del museo Pan. Tante le persone per strada che hanno raccolto l'invito a partecipare in segno di solidarietà o immortalato il flash mob con delle fotografie. 

«Chiediamo di non essere invisibili – ha spiega Roberta Bacarelli, presidente di Federmoda Confcommercio Napoli - di poter riaprire e riaprire per sempre senza più distinzione di fasce perché non può essere una categoria merceologica a penalizzarci. In questo periodo abbiamo pensato che forse abbiamo sbagliato tutto, che forse avremmo dovuto aprire un negozio di videogiochi, un negozio di intimo, e non di abbigliamento visto che a loro è stata consentita l'apertura mentre noi siamo chiusi con problemi enormi, non solo per noi imprenditori, ma anche per i nostri impiegati che non ricevono la cassa integrazione da novembre. In Campania hanno chiuso 5.000 punti vendita, i commercianti hanno perso dal 40 fino al 60% e se, come nel mio caso, si punta molto sul wedding e sulle cerimonie, una fetta di mercato è stata persa completamente. Impazzisco - ha sottolineato Bacarelli - al pensiero che i videogiochi siano considerati elemento essenziale e noi no». 

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Il Mattino